Fu «u calabrisi» a uccidere l’urologo barcellonese Attilio Manca, il boss palermitano Nino Rotolo mentre chiacchieravano in carcere lo chiamava pure «u bruttu». «U calabrisi» era «un ufficiale dei Servizi», uno che «era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi». Perché? Il dott. Manca aveva curato in gran segreto Bernardo Provenzano con la “mediazione” dell’avvocato barcellonese Saro Cattafi.
Sono letteralmente sconvolgenti le poche pagine di un verbale finora inedito del pentito Carmelo D’Amico, l’ex capo militare di Cosa nostra barcellonese, che è clamorosamente comparso tra le carte del tribunale del Riesame di Messina, davanti al quale si sta discutendo della presunta “mafiosità” post anno 2000 dell’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi.
Un verbale depositato ieri mattina davanti al collegio presieduto dal giudice Antonino Genovese dal sostituto procuratore generale Salvatore Scaramuzza, proprio per dimostrare, cosi come sostengono i sostituti della Direzione distrettuale antimafia di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, che indagano da anni, che l’appartenenza di Cattafi alla mafia barcellonese non si è fermata al 2000 come hanno scritto in sentenza i giudici d’appello al processo “Gotha 3” un paio di mesi fa, condannandolo a 7 anni, ma va ben oltre.
Eppure proprio D’Amico al processo Cattafi, quando fu sentito, l’estate scorsa, non ha fatto parola di questo scenario inquietante, e sconvolgente, che oggi invece emerge da un suo verbale recentissimo, redatto il 13 ottobre scorso.
Il pentito, nel verbale, parla di incontri avuti sul caso Manca con il medico barcellonese Salvatore Rugolo, morto in un incidente stradale, che era cognato del boss Gullotti, e di colloqui in carcere a Milano con il boss di Pagliarelli Nino Rotolo.
Nella parte del verbale di “cose barcellonesi” che da ieri è agli atti della vicenda Cattafi, D’Amico inizia così a parlare del caso Manca: «Alcune circostanze che mi sono ricordato e che voglio aggiungere riguardano la morte di Attilio Manca. Si tratta di circostanze ulteriori che si aggiungono a quelle che ho già detto in precedenza e che confermo anche in questa sede».
Ecco il racconto: «Poco tempo dopo la morte di Attilio Manca, avvenuta intorno all’anno 2004, incontrai Salvatore Rugolo, fratello di Venerina e cognato di Pippo Gullotti. Lo incontrai a Barcellona, presso un bar che fa angolo, situato sul Ponte di Barcellona, collocato vicino alla scuola guida Gangemi. Una volta usciti da quel bar Rugolo mi disse che ce l’aveva a morte con l’avvocato Saro Cattafi perché “aveva fatto ammazzare” Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della “Corda Fratres”, aveva chiesto a Cattafi di mettere in contatto Provenzano, che aveva bisogno urgente di cure mediche alla prostata, con l’urologo Attilio Manca, cosa che Cattafi aveva fatto».
Ed ancora: «Rugolo non mi specificò se l’urologo Manca era già stato individuato come medico che doveva curare il Provenzano e il compito del Cattafi era soltanto quello di entrare in contatto con il Manca, o se invece fu lo stesso Cattafi che scelse e individuò il Manca come medico in grado di curare il Provenzano. Rugolo Salvatore ce l’aveva a morte con Cattafi perché, proprio alla luce di quel compito da lui svolto, lo riteneva responsabile della morte di Ugo Manca che riteneva sicuramente essere un omicidio e non certo un caso di overdose. Rugolo non mi disse espressamente che Cattafi aveva partecipato all’omicidio di Manca ma lo riteneva responsabile della sua morte per i motivi che ha sopra detto. Quando Rugolo mi disse queste cose, io ebbi l’impressione che mi stesse chiedendo di eliminare il Cattafi, cosa che era già successa in precedenza, così come ho già detto quando ho parlato di Saro Cattafi perché ritenuto il responsabile della cattura di Nitto Santapaola».
Dopo le confidenze di Rugolo c’è un altro colloquio a cui si riferisce D’Amico: «Successivamente ho parlato di queste vicende quando sono stato detenuto presso il carcere di Milano-Opera in regime di 41 bis insieme a Rotolo Antonino. Mi confidò che erano stati i “Servizi segreti” a individuare Attilio Manca come il medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano. Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicatami dal Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle istituzioni. Rotolo Antonino, sempre durante la nostra comune detenzione presso il carcere di Milano-Opera, mi disse che Attilio Manca era stato eliminato proprio perché aveva curato Provenzano e che ad uccidere quel medico erano stati i servizi segreti».
Non è finita: «In quella circostanza Rotolo mi aggiunse che di quell’omicidio si era occupato, in particolare un soggetto che egli definiì “u calabrisi”; costui, per come mi disse Rotolo, era un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origine calabrese, che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi. Rotolo Antonino mi fece anche un altro nome coinvolto nell’omicidio di Attilio Manca, in particolare mi parlò del “Direttore del Sisde”, che egli chiamava “U Diretturi”. Rotolo non mi disse come era stato ammazzato Manca, né mi fece il nome e cognome del “calabrese” e del “Direttore del Sisde”, né io glielo chiesi espressamente. In questo momento mi sono ricordato che Rotolo, se non ricordo male, indicava il calabrese come “U Bruttu”, ma non so dire il motivo, e che era “un curnutu”, nel senso che era molto bravo a commettere questo tipo di omicidi».
Da oggi, sul caso Manca, si apre un nuovo scenario.
_______________________________________
La vicenda
Trovato mortoa Viterbonel febbraio 2004
Il giovane e brillante urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio Manca, venne trovato morto in circostanze misteriose il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo. Inizialmente il caso fu archiviato come suicidio, ma la famiglia non accettò mai questa spiegazione, ritenendola incompatibile con il carattere solare e generoso del giovane medico. Maturò invece progressivamente la convinzione che la tragica scomparsa fosse collegata all’intervento alla prostata subito dal boss Bernardo Provenzano a Marsiglia nel 2003, nel quale potrebbe essere stato coinvolto in qualche modo proprio Attilio, che in quel periodo era stato il primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata con il sistema laparoscopico. Nell’aprile del 2015 i legali della famiglia Manca, l’avvocato Fabio Repici e l’ex pm Antonio Ingroia, hanno presentato una denuncia per omicidio di mafia al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Per Ingroia, «ci sono i presupposti perché apra un nuovo fascicolo di indagine».
Caricamento commenti
Commenta la notizia