L’assessore all’Ambiente Daniele Ialacqua, alla luce delle motivazioni della sentenza sul “caso tenda” (motivazioni pubblicate in anteprima dalla Gazzetta del Sud), con una nota inviata al sindaco, oltre che al collega di giunta Gaetano Cacciola, al segretario generale e al Comando della polizia municipale, chiede l’assunzione di “provvedimenti”.
«Come si ricorderà – sottolinea Ialacqua – la mattina del 31 agosto 2015, a seguito dell'intervento dei vigili urbani nell'aiuola antistante l'Università al fine di rimuovere una tenda installata da alcuni attivisti, si ebbero momenti di tensione che si conclusero con l'arresto di due attivisti con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto di indicare le proprie generalità, lesioni aggravate, oltraggio a pubblico ufficiale. I due attivisti furono successivamente condannati a 10 mesi (resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di indicare le proprie generalità) e 6 mesi (resistenza a pubblico ufficiale). Nella motivazione si legge che vi è una “eclatante cesura” tra la verità storica (il video, dalla “straordinaria valenza dimostrativa'”) e la rappresentazione offerta (ovvero il verbale dei vigili e le dichiarazioni dell'isp. Vita). Il magistrato Micali parla di '”contributo scientemente mendace'' in merito alla condotta dell'ispettore Vita ed afferma che “serie perplessità” determina la disamina del verbale d'arresto firmato dai quattro vigili urbani. Quanto riportato è di una gravità inaudita, anche alla luce di quanto a suo tempo accadde e che mise a rischio persino la stessa stabilità dell'esecutivo locale. Si ricordi infatti che il “caso tenda” determinò violente polemiche che coinvolsero anche il sindaco, e lo scrivente fu allora oggetto di numerosi e violenti “attacchi” provenienti da più parti (politica, sindacale, giornalistica) e da un “diluvio” di richieste di dimissioni, per avere partecipato ad un sit-in organizzato davanti al Tribunale in occasione della prima udienza del processo a carico dei due attivisti il 2 settembre 2015, presenza finalizzata a sottolineare la rilevanza della questione sociale che era stata sollevata da quei giovani. Non avevo detto nulla né contro i vigili urbani in generale né tantomeno, e non ce ne sarebbe stato motivo alcuno, contro la magistratura. Alla luce di quanto sopra, vista la gravità dei reati che sembrerebbero profilarsi a carico di alcuni vigili urbani (calunnia, falsa testimonianza e falsità commessa da pubblico ufficiale), si chiede di avviare tutte le necessarie procedure interne per accertare i fatti, individuare le eventuali responsabilità ed assumere i provvedimenti conseguenti».
Ecco, dunque, Ialacqua e la sua “rivincita”. Ma resta sempre la questione originaria: il suo voler essere “assessore di lotta e di governo” non può che provocare interpretazioni diverse che, sia chiaro, non devono mai sfociare in violenti attacchi personali (come lo sono state, invece, le scritte sui muri di alcuni “attivisti”...). Nel caso specifico, oltretutto, l’assessore era portatore di un piccolo “conflitto di interessi”, avendo un figlio tra i manifestanti quel giorno in cui, davanti al Tribunale, si è assistito a deliranti discorsi contro ogni istituzione, compresa la magistratura. Chiunque sbaglia, deve assumersene le conseguenze, a maggior ragione se è un rappresentante delle forze dell’ordine. Ma chi governa la città deve stare dalla parte del rispetto delle regole, e sempre quel giorno, a rimuovere quella tenda, sono stati mandati agenti di un Corpo, la polizia municipale, che dipende direttamente dal sindaco (e ricordiamo inoltre che la sentenza è stata di condanna, non di assoluzione). Ci si può dissociare dalle scelte ma è proprio per questo che, in quell’occasione, il nostro giornale chiese a Ialacqua di valutare l’opportunità o meno di rimanere nella Giunta.
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