«Signor presidente, l’ufficio intende procedere a nuove contestazioni in base all’articolo 517 del codice di procedura penale».
Erano le undici passate. L’udienza del processo sulla formazione professionale nell’aula ovattata e lontana dall’affollatissima “convention pseudopolitica della zampogna” di 48 ore prima si stava quasi per chiudere nella routine di una testimonianza che aveva disquisito a lungo su un gruppo di ragazzi affogati all’epoca nei corsi professionali e propensi a diventare, un giorno, nientedimeno che aiuto-cuochi.
Francantonio Genovese e gli altri imputati “eccellenti”, la moglie Chiara, la cognata Elena con il marito Franco Rinaldi, erano entrati non molto tempo prima per assistere a tutto. Sembrava molto probabile una conclusione soft senza altri scossoni.
Ma dopo quelle parole pronunciate dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita un’altra fetta di pesanti accuse, oltre a quelle già contestate sin dall’inizio, sono piovute addosso ieri mattina all’on. Genovese e ad altri imputati del procedimento “Corsi d’oro 2”, incastrate dalla Procura nel canovaccio giudiziario di un processo che sta quasi per concludersi in primo grado, dopo tutto quello che è emerso in questi mesi di testimonianze, anche clamorose e inaspettate.
Si chiamano nuove imputazioni, tecnicamente, si tratta di ipotesi di reato connesse che emergono secondo l’accusa nel corso del dibattimento e devono quindi essere formalmente notificate agli imputati. L’aggiunto Ardita dopo aver letto in aula quattro pagine intere le ha depositate agli atti, adesso fanno parte integrante del procedimento “Corsi d’oro 2”, la posizione di Genovese oggettivamente si aggrava. Il suo legale, l’avvocato Nino Favazzo, ieri ha ovviamente chiesto il classico termine a difesa per esaminare nel dettaglio le nuove imputazioni, e il presidente del collegio della prima sezione penale Silvana Grasso ha rinviato tutti al 12 gennaio, una data che per la verità era stata già concordata in precedenza.
Le nuove contestazioni
Tecnicamente si tratta di otto contestazioni suppletive e una modifica d’imputazione, che oltre all’on. Genovese riguardano altri quattro imputati.
All’ex sindaco di Messina vengono adesso imputati anche un caso di tentata concussione, quattro di riciclaggio e uno di false fatturazioni. Un caso di false fatturazioni viene contestato anche a Giovanna Schirò, cognata del parlamentare, in qualità di legale rappresentate della Caleservice s.r.l., che era la “cassaforte economica” del gruppo Genovese. Sempre un caso di false fatturazioni è la nuova ipotesi a carico del parlamentare regionale e cognato di Genovese, l’on. Franco Rinaldi, e dell’imprenditore Orazio De Gregorio, entrambi come rappresentanti legali della Piramide s.r.l.. È stata invece apportata dalla Procura una modifica dell’imputazione relativa al capo 45 (si tratta sempre di false fatturazioni), che riguarda invece De Gregorio, Rinaldi e Paola Piraino (sono somme relative all’anno 2011, per la gestione della società Paride s.r.l.).
La tentata concussione
Questo episodio oggetto della nuova contestazione è stato raccontato in aula dallo stesso Ludovico Albert, all’epoca (siamo nel 2012) direttore generale del Dipartimento regionale della Formazione professionale, all’udienza del 6 novembre scorso. Albert ha detto di essere stato convocato nella segreteria politica di Genovese, a Messina e lì, il 24 marzo del 2012, di avere ricevuto la richiesta di un finanziamento più ampio per la società Training Service, che era riferibile a Genovese. Al diniego opposto da Albert, sempre secondo quanto ha riferito, il parlamentare gli avrebbe rivolto un’espressione molto dura: «Allora vorrà dire che ti attaccheremo a 360 gradi». Albert ha riferito di essersi sentito minacciato da quelle parole e di avere abbandonato la segreteria, dopo essersi salutato freddamente col parlamentare.
All’udienza del 10 novembre questa ricostruzione è stata sostanzialmente avvalorata da un altro imputato del processo, Salvatore Lamacchia, che all’epoca era un funzionario “di peso” e fedelissimo di Genovese all’assessorato regionale alla Formazione, retto al tempo dall’economista Mario Centorrino. Quell’incontro - raccontato nei dettagli anche da Lamacchia -, fu monitorato dalla Squadra mobile di Messina con intercettazioni telefoniche e anche appostamenti. È contestata la tentata concussione perché secondo la Procura emerge il ruolo rivestito da Genovese di pubblico ufficiale «in quanto parlamentare della Repubblica», qualifica di cui avrebbe abusato nella circostanza.
I casi di riciclaggio
Questa parte delle nuove contestazioni deriva sostanzialmente dalle testimonianze che si sono succedute da parte degli investigatori che hanno esaminato la galassia economico-finanziaria del gruppo Genovese e la vasta rete di società e onlus collegate, soprattutto quelle dei finanzieri ascoltati in aula.
Si tratta di operazioni contabili compiute tra il 2007 e il 2009 dalla Centro Servizi 2000, riconducibile a Genovese, che all’epoca era erogatrice di servizi per gli enti di formazione. La Procura ipotizza in sostanza che sarebbero state riciclate decine di migliaia di euro provenienti dalle truffe sulla formazione professionale.
Ecco solo il primo caso dei quattro, il modus operandi sarebbe sempre lo stesso. Si tratta di un passaggio di denaro molto complesso disseminato in mille “rivoli”. Il 29 e il 30 dicembre del 2008 la Centro Servizi 2000 ricevette sul proprio conto corrente 90.000 euro dall’Aram e 60.250 euro dalla Lumen, cioé due enti di formazione, «provento di truffa aggravata e peculato»; lo stesso giorno vennero versati 36.000 euro sul conto della Caleservice, «società totalmente controllata da Genovese», con la causale «pagamento fattura n. 203, per operazioni inesistenti di consulenza rese a Centro Servizi 2000, poi stornata con nota di credito n. 1».
Sempre il 30 dicembre 2008 altra operazione: la Caleservice dallo stesso conto restituì a «Genovese Francantonio, persona fisica» 50.000 euro «con motivazione restituzione anticipo infruttifero socio», su un conto intestato al parlamentare; il 7 gennaio 2009 Genovese dal suo conto emise un assegno di 54.000 euro nei confronti dell’impresa Euroedil «da lui controllata», per alcuni lavori di ristrutturazione di immobili di proprietà della Calaservice, uno a Taormina in via San Pancrazio e uno a Messina in via I Settembre. Infine, ecco l’ultimo passaggio: il 12 gennaio del 2009 la Caleservice restituì a Centro Servizi 2000 i 36.000 euro «per nota di credito 1 del 31.12.2008 e storno fattura n. 203».
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Le altre contestazioni
Giovanna Schirò, Rinaldi, De Gregorio
Il primo caso riguarda Giovanna Schirò, in qualità di legale rappresentante della Caleservice s.r.l., per false fatturazioni; secondo la Procura il 2 dicembre del 2013 nella dichiarazione dei redditi relativa al 2011 avrebbe dichiarato costi per operazioni inesistenti nell’anno d’imposta 2010 per 95.000 euro (più iva di 19.000 euro), in una fattura emessa da Centro Servizi.
Un’altra ipotesi di false fatturazioni viene adesso contestata a Franco Rinaldi e Orazio De Gregorio per il 21 dicembre 2013, come rappresentanti legali della Piramide s.r.l., società in liquidazione. Secondo la Procura per evadere il fisco si sarebbero avvalsi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per indicare elementi passivi fittizi. In questo caso di tratterebbe di una fattura con imponibile di 121.680 euro e iva al 20% di 24.336 euro.
Una modifica d’imputazione, sempre per false fatturazioni, è stata fatta al capo d’imputazione 45, per la società Paride, e riguarda De Gregorio, Rinaldi e Paola Piraino.