Messina

Martedì 30 Aprile 2024

Scarcerato Cattafi
Dal “41 bis” alla libertà

Scarcerato Cattafi Dal “41 bis” alla libertà

È stato scarcerato. Ieri pomeriggio. È uscito dalla sua cella al “41 bis” dal carcere de L’Aquila e probabilmente già stamattina sarà a Barcellona Pozzo di Gotto. Dal carcere duro alla libertà. L’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi che il 24 novembre scorso è stato condannato a 7 anni di reclusione per la sua appartenenza Cosa nostra barcellonese ma soltanto fino al 2000, da ieri pomeriggio non è più ristretto in Abruzzo.

A scarcerarlo è stata la stessa Corte d’appello che lo ha condannato, quella di Messina, che ha ritenuto di accogliere l’istanza presentata subito dopo la sentenza da uno dei suoi legali, l’avv. Salvatore Silvestro. Tecnicamente è stata revocata la custodia cautelare in carcere. Il concetto di fondo del provvedimento, e del resto lo aveva sottolineato anche il suo legale nell’istanza, è che Cattafi in un passato anche non recente ha già subito dei lunghi periodi di detenzione, per esempio per la vicenda dell’autoparco di Milano, per poi essere assolto («... ha di fatto, espiato complessivamente circa dieci anni di reclusione a fronte di una condanna alla pena complessiva di anni sette», ed ancora «inforza delle intervenute sentenze assolutorie devono considerarsi “sofferti senza titolo», aveva scritto il suo difensore).

Con la sentenza del 24 novembre decisa dal collegio di secondo grado presieduto dal giudice Francesco Tripodi, era stata riformata la decisione di primo grado a 12 anni di reclusione emessa il 16 dicembre del 2013 dal gup Monica Marino, che aveva ritenuto ancora “attuale” la sua intraneità a Cosa nostra barcellonese. Oltretutto - aveva scritto sempre il suo difensore -, nel complesso dei 7 anni c’era da considerare la pena 2 anni inflitta per il reato di calunnia ai danni dell’avvocato Fabio Repici e del pentito Carmelo Bisognano, e quindi la pena inflitta per l’appartenenza alla mafia era da “ridurre” a 5 anni.

In appello invece i giudici, dopo un processo molto complesso e ricco di colpi di scena con l’apporto tra l’altro delle inedite dichiarazioni del boss e pentito barcellonese Carmelo D’Amico, avevano considerato Cattafi appartenente alla mafia barcellonese sino al 2000, in pratica fino al “regno” del boss Pippo Gullotti, e avevano oltretutto escluso per lui la qualifica di capo promotore. Scrivono infatti i giudici nel provvedimento di scarcerazione che secondo la loro valutazione «... successivamente alla cattura ed ininterrotta detenzione del Gullotti, e fino alla data dell’arresto dell’imputato, quando si chiude la contestazione del reato, non emergono elementi che facciano ritenere perdurante la partecipazione del Cattafi al gruppo barcellonese». Parlano poi di «... carattere assolutamente peculiare ed anomalo del ruolo di Cattafi nel panorama mafioso, più volte sottolineata dallo stesso ufficio del pubblico ministero», un ruolo «di sinergia con i gruppi mafiosi prima catanesi e poi barcellonesi» sempre secondo i giudici d’appello «... “esauritosi” a partire dall’epoca successiva all’arresto di Gullotti».

Valutati tutti questi elementi i giudici parlano quindi di «insussistenza di autonome esigenze cautelari rispetto ai fatti per cui si procede», del fatto che «non risulta una pericolosità attuale del soggetto», e quindi la naturale conseguenza di questo ragionamento è stata la scarcerazione di ieri pomeriggio. L’accusa al processo d’appello, ovvero il sostituto procuratore generale Salvatore Scaramuzza e i sostituti della Dda applicati al processo, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, aveva invece prospettato ai giudici un quadro radicalmente diverso, anche in forza delle novità probatorie intervenute in secondo grado, chiedendo la conferma integrale dei 12 anni di reclusione inflitti in primo grado. E adesso si apre in questa storia la partita giudiziaria della Cassazione.

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La vicenda

Il processo

La posizione processuale dell’avvocato Cattafi nell’ambito delle varie operazioni “Gotha” di questi ultimi anni, è cambiata rispetto al quadro iniziale. Perché dopo il suo arresto è stato anche sentito dalla Procura di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Gli atti dell’inchiesta “Gotha” delineano negli anni Cattafi come riciclatore internazionale del denaro sporco per conto del clan Santapaola di Catania, e in rapporti con i Madonia a Caltanissetta e con i Corleonesi, quindi con Vitale e Bagarella.

Nel marzo 2012 i pentiti catanesi Umberto Di Fazio ed Eugenio Sturiale, del clan Santapaola, hanno indicato in più verbali la figura di Cattafi come esponente della mafia barcellonese, o personaggio seduto accanto a Gullotti in corso di alcune riunioni a Catania. Di recente poi gli sono stati restituiti dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale i beni a suo tempo sottoposti a sequestro. Questa condanna però riconosce per la prima volta nella storia processuale che l’avvocato Cattafi è stato associato alla mafia barcellonese quantomeno fino al 2000.

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