Il Consiglio dei ministri, nei giorni scorsi, su input di Graziano Delrio, responsabile del dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture, ha esitato la bozza definitiva del Piano nazionale. L’accorpamento era già stato stabilito ma cambia il nome: la nuova Autorità di sistema portuale si chiamerà “della Sicilia Orientale e dello Stretto di Messina”. Una concessione che vale come un contentino. Perché al momento di decidere in merito alla “governance” dell’Authority che prende il posto delle tre vecchie Autorità portuali, si è scelto di individuare Augusta come sede e quasi certamente sarà di Catania il nuovo presidente. E Messina? Una stretta di mano, il nome sul “diploma” e un generico “poi vedremo”, che si dice sempre a chi è stato sconfitto, per non umiliarlo di più. La grande riforma del governo Renzi, dunque, porta Messina a essere inglobata nel sistema che ha Augusta come “port core”, cioè come porto inserito tra i principali riconosciuti dall’Unione europea, e Catania come porto politicamente più influente (non solo il porto, in realtà è l’intero sistema catanese, con il sindaco Bianco in testa, a dettare legge rispetto a un concorrente debole, diviso, spesso poco credibile, come il sistema politico-dirigente di Messina). La bozza del decreto è stata pubblicata in anteprima dal magazine di economia del mare e dei trasporti “Ship2Shore”.