Più i servizi sono scadenti maggiori sono le tasse. E più paghi le tasse e meno servizi hai, minore è la qualità del vivere. E si gioca sempre più al ribasso. È il nostro mondo all’incontrario. Come se chi fa più bene possibile, anziché in paradiso, finisce dritto all’inferno... Così, mentre siamo indietro in tutte le altre classifiche, Messina conquista il quarto posto in Italia tra i Comuni con la popolazione più tar-tassata. Solo a Reggio Calabria, a Napoli e a Salerno il peso complessivo (riguardante l’anno in corso) di Irpef, addizionali comunali e regionali, Tasi, Tari e bollo auto è maggiore che in riva allo Stretto. I dati del report del Centro studi Cgia di Mestre confermano l’assurdo paradosso del nostro Bel Paese spaccato in due. Si paga di più, nelle città del profondo Sud, per vivere peggio. E diventa quasi banale chiedersi il perché sul cittadino messinese gravi in media un costo di 7.590 euro mentre a Udine è di 6.901. Qui siamo nel Meridione, lì al confine con le vecchie terre dell’Impero austro-ungarico. Ma è mai possibile continuare a cedere alla rassegnazione, come se tutto ciò fosse frutto di una condanna secolare e le risposte dovessero venire da storici, sociologi, antropologici, anziché dagli amministratori pubblici?