L'inchiesta giudiziaria messinese fu avviata nel marzo scorso sull'onda lunga di quelle già incardinate ad Agrigento e Siracusa. Ad aprire il fascicolo il sostituto del pool pubblica amministrazione della Procura, Diego Capece Minutolo che dispose l’acquisizione di una interminabile serie di atti a Palazzo Zanca da parte di agenti della Digos. Conteporaneamante partì anche un percorso amministrativo ed il dirigente generale dell’assessorato regionale delle Autonomie locali, Giuseppe Morale. Firmò il decreto di nomina dell'ispettore Angelo Sajeva,che ha analizzato la documentazione per far luce sulla gettonopoli messinese. SaJeva ha concentrato il suo lavoro sull'elevato numero di convocazioni delle commissioni consiliari per verificare il regolare andamento dell’attività consiliare in questi ultimi mesi. Sotto la lente d'ingrandimento della magistratura ma anche dell'ispettore sono finiti alcuni aspetti riguardanti i gettoni di presenza. Nel 2014 sono state convocate 714 commissioni, molto meno rispetto a Siracusa ed Agrigento, ma quello che appare sospetto è il numero di presenze dei singoli consiglieri. Presenza che per una strana coincidenza aumentarono nel momento in cui è stato dimezzato, da 100 a 56 euro, il gettone di presenza, per via del censimento. Un esempio per tutti: nel gennaio 2013, col gettone a 100 euro, la media fu di 26 presenze per ogni consigliere. Un anno dopo, gennaio 2014, col gettone a 56 euro, le presenze salirono a 35. Stesso trend in molti altri mesi per cui la cifra finita nelle tasche di molti consiglieri non è stata intaccata.
Non solo ma uno degli aspetti chiave dell'inchiesta è il concetto di “effettiva partecipazione alla seduta del consiglio comunale”. Poichè mai è stato chiarito questo concetto succede che basta prendere parte anche per pochi minuti ad una seduta di consiglio comunale per aver diritto al gettone di presenza da 56 euro lordi. Così basta che un consigliere registri la presenza col tesserino e va via subito dopo per avere maturato lo stesso diritto del consigliere che resta in aula per tutta la durata dell'adunanza senza contare chi firma il registro anche per i consiglieri assenti. Una lunga serie di irregolarità che hanno indotto la magistratura ad accendere i fari sull'aula del consiglio comunale.