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Risolvete l’emergenza
E poi andatevene a casa

Non è solo l’acqua che è sparita dai rubinetti dei messinesi. È finita anche la scorta di credibilità rimasta nelle “autobotti” della nostra classe dirigente. Fatto salvo l’impegno delle singole persone, l’emergenza idrica di questi giorni è stata gestita nel modo peggiore possibile. È stata prima sottovalutata, poi si è innescata una “guerra tra poveri” sul territorio (finita quasi a rissa tra il sindaco di Calatabiano e i vertici dell’Amam), quindi si riteneva fosse stata risolta e alla fine invece si è rivelata molto più seria e grave. L’hanno gestita male tutti, amministrazione comunale in testa, il sindaco e chi guida l’Azienda acque, ma non sono esenti da responsabilità anche gli altri enti e istituzioni, la Regione siciliana, la Protezione civile regionale e nazionale, la Prefettura. Tutto è andato a rilento, il vertice di ieri mattina a Palazzo del Governo si sarebbe dovuto tenere già sabato scorso, non con sei giorni di ritardo. Il coinvolgimento del ministro dell’Interno andava fatto, non per spontanea mobilitazione di un singolo parlamentare (Enzo Garofalo), ma con passi formali, fin dall’inizio, perché ci si era resi conto subito delle condizioni proibitive di quella porzione di territorio che attraversa il comune di Calatabiano, lì dove frane e smottamenti vari minacciano i grossi tubi dell’acquedotto del Fiumefreddo. Gestione dell’emergenza che si è rivelata improvvisata, frutto dell’inadeguatezza di fondo di chi governa Messina ma anche dell’inaccettabile perdurante “conflitto istituzionale”, andato in scena anche ieri sera. Il prefetto “commissaria” di fatto il sindaco, il quale oggi certamente replicherà, come sta accadendo da mesi ormai. Basta, non ne possiamo più.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una città in ginocchio, scuole e uffici chiusi per giorni, danni di portata incalcolabile alle attività commerciali e, soprattutto, insopportabili disagi subiti dalle categorie più deboli, dagli anziani e dai diversamente abili, da tutti coloro che non possono andare a rifornirsi nei punti dove sono state dislocate le autobotti.

Non è ammissibile che una delle tre più importanti città siciliane sia ridotta in tali condizioni, in balia di eventi incontrollabili. Non è pensabile dipendere da un’unica fonte di approvvigionamento idrico, non è giustificabile il fatto di non tenere in serbo soluzioni alternative, non è concepibile oggi, nell’ottobre 2015, tornare indietro di decenni, agli anni della grande sete, quelli precedenti alla costruzione dell’acquedotto Bufardo-Torregrossa. Ed è immorale che, dopo aver chiamato i cittadini a pronunciarsi nei referendum sull’acqua bene pubblico, in Sicilia ci sia una società che, con l’avallo del Governo regionale, pratichi tariffe insostenibili sulle acque che provengono dal nostro fiume, l’Alcantara. Un fiume che ci è stato scippato, vero e proprio furto con destrezza di cui nessuno finora ha pagato le conseguenze.

A bocce ferme, tutto questo deve diventare motivo di profonda riflessione. Ora, però, quello che conta, prima di ogni altra cosa, è far tornare nel più breve tempo possibile l’acqua in tutte le abitazioni dei messinesi. Stare senza per 24 o 48 ore è fonte di disagio, per una settimana è un dramma, per altri giorni ancora è una catastrofe, con conseguenze devastanti sulla vita delle persone, sulle attività economiche e sul piano igienico-sanitario. Risolvete l’emergenza e poi... andatevene tutti a casa.

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