Fin quando i drammi non ci sfiorano, sembrano far parte di un altro mondo. Si va veloci, si guarda esclusivamente al proprio ego senza accorgersi che con un piccolo gesto si potrebbe donare un sorriso, una giornata più tranquilla, una speranza a chi sta peggio. A Messina, ormai da anni, si soffre di un’emergenza che sembra essere senza fine, quella legata alla carenza di sangue. L’esigenza, oltre che per gli interventi ospedalieri, riguarda anche e soprattutto chi vive grazie alle trasfusioni e i pazienti colpiti da particolari patologie. È il caso, ad esempio, dei talassemici, che soffrono di una malattia genetica ereditaria che provoca una malformazione nella struttura dei globuli rossi. Per loro è fondamentale che la trasfusione venga assicurata a scadenze fisse, cosa non sempre possibile per le carenze di sangue, rischiando di conseguenza che i depositi di ferro siano ridotti al minimo. Negli ultimi venti anni le prospettive di vita dei talassemici sono di gran lunga migliori rispetto al passato ma non basterà a dar loro serenità se gli sforzi nella ricerca e nell’evoluzione scientifica non saranno accompagnati dalla solidarietà e dalla sensibilità quotidiane. Il problema riguarda le penuria di donazioni ma è anche politico, considerato che la Regione ha deciso di bloccare le importazioni, e di conseguenza le precedenti convenzioni in essere con alcuni istituti di Milano e Torino, perché ritiene sufficiente la quantità di sacche che circolano nell’Isola. Un’analisi parzialmente veritiera, perché non tiene conto degli squilibri tra fasce territoriali, nei quali Messina recita purtroppo un ruolo di cenerentola dovendo addirittura ricevere scorte da Caltagirone. La verità è che queste sacche hanno un costo, talvolta elevato, ma dall’altra parte il rischio è ciò che è accaduto ieri: circa 80 persone in difficoltà per potere effettuare trasfusioni, costrette a raggiungere altri centri siciliani. Una situazione assurda, che deve scuotere le coscienze. «Chiediamo un intervento immediato delle pubbliche amministrazioni, affinché comprendano quanto precaria sia la condizione di chi si trova in questo stato – ha affermato Vincenzo Cugino, presidente dell’associa - zione Famiglie Microcitemici di Messina – Serve una sensibilizzazione dell’opinione pubblica senza dubbio, ma anche scelte coraggiose perché è evidente che così sarà dura andare avanti». I limiti sono evidenti, ma sembra interessare a pochi. «Talvolta arriviamo a pensare che siamo soli, che i problemi vengono avvertiti solo da chi ci è dentro – ha aggiunto Cugino – Ho perso mio figlio all’età di 23 anni per questa malattia, una delle ultime cose che mi ha detto prima di morire è stata di non fermarmi, di condurre questa battaglia per una vita migliore per chi come lui ha sofferto tanto. Alcuni risultati sono stati raggiunti ma oggi occorre la garanzia di avere sangue a sufficienza».