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Messina deve guidare la nuova Autorità portuale

 Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuto sabato all’Università per la presentazione del Report su economia e trasporti nel Mediterraneo, non ha dubbi: «Il Governo nazionale considera prioritaria l’attenzione nei confronti dell’Area dello Stretto». Che cosa porterà in concreto questa affermazione, è tutto da vedere. Il primo banco di prova è atteso in settimana, allorché il Consiglio dei ministri varerà definitivamente la “riforma Delrio”, cioè il nuovo Piano della portualità e della logistica italiana. Come anticipato più volte dal nostro giornale, il cerchio si è ormai stretto e l’unica casella da riempire – come sottolineato ieri sulle pagine del Corriere della Sera – è paradossalmente proprio quella che riguarda Messina, oltre che Catania e Augusta. Proviamo a sintetizzare tutto ciò che è accaduto finora. L’anno scorso l’ex ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha definito la bozza di una riforma che mira a ridurre drasticamente il numero delle Autorità portuali, non solo per ragioni dettate dalla “spending review”, ma soprattutto per creare sistemi portuali che, grazie alle aggregazioni, siano molto più forti di quanto lo siano oggi e sappiano così rispondere alle sfide della concorrenza internazionale. In un primo tempo, si era pensato di azzerare tutto e creare solo 8 nuove Autorità di sistema, accorpando, ad esempio, Trieste e Venezia, Genova e La Spezia, oltre che i porti della Puglia, quelli della Sardegna, le realtà della Sicilia e altro ancora. Di quella prima stesura è rimasto poco, perché – c’era da aspettarselo – alcune pressioni sono state talmente forti da indurre il Governo nazionale a fare immediato dietro-front. E così, dopo il cambio alla guida del Dicastero, con l’ingresso di Graziano Delrio al posto di Lupi, si è definito uno schema che prevede 14 Autorità. Trieste e Venezia ovviamente rimangono autonome, così come (e qui si dimostra la capacità di influire sulle scelte del Governo di una rappresentanza politica rispetto ad un’al - tra) Ancona e Ravenna, che avrebbero dovuto far sistema insieme e che rimangono, invece, distinte e separate, nonostante la vicinanza e gli interessi comuni sull’Adriatico. Ma veniamo alla Calabria e alla Sicilia. Per la regione dirimpettaia si è pensato a un’unica Autorità che avrà come guida – e non poteva essere altrimenti – il grande porto di Gioia Tauro. Fino a qualche settimana fa quest’Autorità era stata concepita come “della Calabria e dello Stretto” e, dunque, Messina avrebbe dovuto affiancare Gioia Tauro. Una scelta logica dal punto di vista strategico, sia per la “non concorrenzialità” delle due realtà portuali, sia per le enormi potenzialità insite – e confermate dai dati del Report di “Studi e Ricerche Mezzogiorno” di Banca Intesa –nell’Area integrata dello Stretto. Una scelta, però, anche avversata da molti, in Calabria e soprattutto a Messina, dove si è creato un fronte in favore, invece, dell’altra soluzione in campo, cioè dell’accorpamento alla Sicilia Orientale. Ed è questa l’ipotesi che sembra aver prevalso: Messina è con Catania e Augusta. Ora tutto si gioca sulla “governance”, sul mantenimento della sede, sulla designazione del nuovo presidente e sul ruolo che si intende dare alla nuova Autorità di sistema. Non sono ragioni campanilistiche a far ritenere che Messina-MIlazzo debba guidare l’Authority: lo dicono i numeri, le prospettive future, il ruolo svolto nel cuore del Mediterraneo, gli investimenti strategici fatti dalla Marina Militare e dalla Guardia di finanza, le previsioni rosee riguardanti l’incremento dei traffici di passeggeri e croceristi. Il governo Renzi sia coerente con gli impegni assunti dai suoi autorevoli esponenti.

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