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Caso tenda, condanne lievi per i due attivisti

 L’unica “cosa” che c’è stata nella storia della tenda è la resistenza ai vigili urbani. Almeno così dice la sentenza di ieri pomeriggio. La stessa Procura traendo le sue conclusioni dopo il processo e soprattutto dopo le testimonianze parecchio contraddittorie della prima udienza, aveva richiesto per la resistenza a pubblico ufficiale appena 4 mesi di reclusione e l’assoluzione da tutto il resto, ovvero le lesioni al vigile urbano (si sarebbe trattato di “lesioni accidentali”), l’oltraggio, e il rifiuto di fornire le generalità. Il giudice monocratico Massimiliamo Micali dopo aver ascoltato tutto e tutti e aver visionato anche alcuni filmati con molta pazienza, per due lunghe udienze, ha deciso diversamente, con una sentenza che è molto articolata, e che ha letto alle sette e un quarto spaccate di ieri sera. E la sentenza parla di dieci mesi di reclusione inflitti al 39enne Sergio Runci e 6 mesi alla 29enne Irene Romeo. Ma soltanto per la resistenza a pubblico ufficiale, reato ritenuto sussistente per entrambi. I mesi in più per Runci sono dovuti al fatto che è stato ritenuto protagonista anche di rifiuto di indicare le proprie generalità. Sergio rimane agli arresti domiciliari, per Irene invece il giudice ha revocato l’obbligo di firma, da ieri è completamente libera. Qui si ferma la sentenza di condanna. Ma c’è un fatto molto particolare che il giudice ha scritto in sentenza: ha disposto la trasmissione degli atti al pm in relazione al reato di lesioni con la classica dicitura «per fatto diverso da quello contestato». Quali scenari apra questo inciso si potrà capire soltanto quando il magistrato depositerà le motivazioni della sentenza, di sicuro c’è che secondo la sua valutazione i fatti non si sono svolti secondo il capo d’imputazione contestato ai due ragazzi. Gli altri passaggi. Irene è stata assolta dal caso d’aver rifiutato di fornire le proprie generalità con la formula «perché il fatto non sussiste», e poi tutti e due gli attivisti sono stati assolti dall’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale con la formula più ampia, ovvero «per non aver commesso il fatto». Le decisioni assunte del giudice monocratico Micali dopo il processo parlano chiaro. La ricostruzione dei fatti fornita dai vigili urbani nei loro verbali e poi fatta propria dalla Procura non è stata ritenuta in parte credibile, quantomeno dopo le testimonianze rese in aula. Nessun commento ieri sera da parte dei legali dei due attivisti, ovvero l’avvocato catanese Goffredo D’Antona e i messinesi Pierluigi Venuti e Guido Moschella. Anche loro attendono di leggere le motivazioni della sentenza.

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