Si era dimesso da vicepresidente nazionale di “Assoporti”, l’associazione che riunisce i vertici delle Autorità portuali italiane. Dimissioni che, però, sono state respinte ieri a Roma. E il presidente Antonio De Simone interpreta questo gesto come un bel segnale: «Ho visto molta solidarietà e attenzione ai temi da me sollevati». Le dimissioni erano scaturite dal dissenso, più volte manifestato da De Simone, nei confronti dell’accorpamento del porto di Messina con quello di Gioia Tauro, la soluzione che è stata prospettata dal nuovo Piano di riforma della portualità e della logistica italiana. De Simone ha spiegato le ragioni per le quali questo “matrimonio non s’ha da fare”. «Messina avrebbe tutto da perdere, nulla da guadagnare. Gioia Tauro è un grande porto – afferma – ma con mille problemi, di natura economico-finanziaria e anche di altro genere. Noi chiudiamo il bilancio con un attivo di 82 milioni di euro, somme che siamo pronti a spendere, come abbiamo sempre fatto in questi anni, per rafforzare le strutture portuali e per valorizzare il territorio di Messina e di Milazzo. L’accorpamento con Gioia Tauro automaticamente farebbe inglobare le nostre risorse con quelle del porto calabrese che, invece, ha seri problemi nel far quadrare i conti». E, dunque, se due più due fa quattro, la tesi di De Simone sembra non fare una piega: «I nostri fondi serviranno a ripianare il loro deficit». Ma c’è anche un altro motivo e riguarda il ruolo specifico dello Stretto. «Sono stato accusato – afferma il presidente dell’Authority –di voler accorpare Messina con Catania e Augusta, di tirare la volata ai catanesi o ai palermitani. Io credo che, in ogni caso, con le realtà siciliane si lavora meglio che con quelle calabresi, ma non è questo il punto. Io resto convinto che si possa ancora arrivare a una Autorità portuale unica dello Stretto, senza che ciò determini l’accorpamento con l’unica Autorità prevista in Calabria. E d’altra parte, la riforma lascia in piedi l’Authority di Civitavecchia e ci sono in corso manovre per modificare qualcosa di quel Piano che andrà, entro la fine del mese, all’esame del Consiglio dei ministri. Tutto è nelle mani del premier Renzi e del ministro dei Trasporti Delrio. Ma io penso che i nostri deputati possono ancora svolgere un ruolo prezioso, se lo vogliono». De Simone precisa di non avere alcuna “poltrona” da difendere: «Io ormai mi considera “in uscita”, il mio mandato scade il prossimo giugno, con la riforma comunque cambia tutto. Ho sempre detto che Messina aveva e ha un’opportunità: sfruttare il fatto di avere a capo dell’Ente che ha più risorse da spendere sul territorio un “tecnico”, non un politico, una persona che non ha interessi da difendere se non quello generale. Ho l’impressione che qualcuno in città questa occasione non l’abbia voluta o saputa cogliere...»