Mentre il tema dell’emergenza cinghiali balza agli onori delle cronache, c’è chi, in città, da tempo si nutre di questi animali selvatici. Gli agenti della polizia municipale in forza al Nucleo decoro e informazioni hanno accertato che tre fratelli filippini erano soliti andare a caccia di cinghiali, per poi cibarsene in famiglia. Un fatto curioso in un momento in cui numerose famiglie messinesi convivono con la paura di improvvise incursioni di tale specie di suini e le istituzioni si confrontano su come limitarne le scorribande. Ieri mattina, un messinese residente a San Licandro (area della città che più delle altre sta facendo registrare visite indesiderate di cinghiali), ha telefonato alla centrale operativa della polizia municipale. Dall’altro capo della cornetta venivano segnalati strani movimenti di un gruppetto di extracomunitari in una vicina zona di campagna. Gli stranieri, infatti, trasportavano un piccolo maiale selvatico di colore nero, a quanto pare ucciso poco prima. Girata la comunicazione alla Sezione capitanata dal commissario Biagio Santagati, i suoi uomini, con l’ausilio di lavoratori dell’Ato (i signori Crescenti e Panarello), hanno raggiunto la zona indicata. Durante la perlustrazione, hanno notato una trappola utilizzata dai filippini per catturare gli animali, composta da molteplici ami e ferri. Subito dopo, hanno rinvenuto, attaccata a un albero, una grossa catena con cui avevano legato la povera bestia, per poi finirla colpendola ripetutamente con pezzi di legna. A questa conclusione gli agenti sono giunti grazie alla presenza di evidenti tracce di sangue per terra. Di conseguenza, sono iniziate le ricerche dei predatori asiatici. Il personale della polizia municipale e dell’Ato li ha individuati pochi minuti più tardi: si trattava di tre fratelli di nazionalità filippina, di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Uno di essi teneva ancora in casa la preda, ossia un cucciolo di cinghiale. E il suo frigorifero conteneva pezzi di carne della stessa specie animale, frutto di precedenti battute di caccia. Da ulteriori indagini è emerso che i tre e le rispettive famiglie erano particolarmente ghiotti di cinghiali, che, cucinati in vario modo, imbandivano le loro tavole. Ciò, comunque, costerà loro una denuncia.