Omidicio La Fauci
il racconto di
Roberto Mangano
Una tragedia inspiegabile nella sua banalità, cominciata con un battibecco per questioni di viabilità e finita con un fendente che non ha lasciato scampo all’operaio. Un uomo benvoluto da tutti, un gran lavoratore come lo definiscono i vicini di casa che lascia la compagna e due figlie di 30 e 11 anni. Una tragedia che ha impressionato tutti, soprattutto gli abitanti di Provinciale che conoscevano entrambi i protagonisti della vicenda. Sentito dagli investigatori della Squadra Mobile, subito dopo essersi costituito alla presenza del suo legale l’avvocato Antonello Scordo, Mangano ha fornito una ricostruzione dei fatti un po’ diversa rispetto a quella emersa nelle ore successive al delitto. Spiega di essere stato provocato e di essersi difeso. Ha raccontato di aver rischiato d’investire La Fauci che stava attraversano la strada a piedi all’incrocio fra via San Cosimo e viale San Martino. Sono subito volate parole grosse e sguardi di sfida. Secondo il racconto di mangano l’operaio lo avrebbe inseguito con una Vespa e lo avrebbe raggiunto davanti ad un negozio di Provinciale dove il ragazzo si stava recando per comprare la batteria di un telefono cellulare. Qui è esplosa la colluttazione. Il ventenne sostiene di essere stato schiaffeggiato da La Fauci ed è stato a questo punto che ha estratto il coltello colpendo l’avversario all’addome. Poi è entrato in un bar, si è lavato le mani e si è recato a casa per cambiarsi gli abiti sporchi di sangue. Durante il tragitto, nei pressi di Fondo Basile, ha lanciato dall’auto il coltello che però non è stato ritrovato. Poche ore dopo mentre La Fauci moriva al Policlinico durante l’intervento chirurgico al quale era stato sottoposto, Mangano si è costituito alla Squadra Mobile. Intanto il sostituto procuratore Anna Maria Arena ha disposto l’autopsia sul corpo dell’operaio di Provinciale che sarà eseguita all’obitorio del Policlinico.