I n oltre 40mila, ieri sera allo stadio Sanfilippo per la più meridionale delle tappe del Blasco. E nessuno spettatore: solo la sua “gente”. Un tappeto di occhi sul palco ed il gioco di luci dei flash che mette i brividi anche al caldo africano. Suonano i violini ed entra «la migliore band del mondo» e subito l’o r c h estra introduce lui, il più grande rocker italiano. Nessuna contraddizione. Tutto è musica: Vasco comincia in giacca rossa e occhiali scuri, ma si spoglia subito di qualsiasi cliché: uno sguardo che incrocia chiunque e, con quel «finalmente a Messina!» scatena l’inferno. Poi comincia a cantare il suo mondo. In quel modo talmente “intimo” che immediatamente diventa il mondo di tutti. Di quelli che erano qui da giorni, di quelli accampati davanti ai cancelli, di quelli che seguono Vasco tappa per tappa, in un viaggio senza fine sorretti dalla passione, ma anche di tutti gli altri, dalla Sicilia, dalla Calabria, da Malta, corsi al richiamo del rock. Energia allo stato puro e sullo sfondo la navicella di metallo su cui i 40mila del Sanfilippo salgono d’un fiato. Il Komandante scatena la sua parte new metal scattando sui pedali quando, all’inizio, subito, la band travolge il popolo del Blasco con un muro di suoni. E poi ci sono i successi d’un tempo che il rocker di Zocca regala con la forza di sempre. E in migliaia cantano con lui. «Sono innocente ma» dice il Blasco, ed è il delirio: le note sfrigolano di metallo, si abbattono come magli, esplodono letteralmente, come l’e ntusiasmo dei 40mila. “D eviazioni”, “Duro incontro”:_ durissimo, l’i n c o ntro di basso, chitarre e batteria. E poi la sua voce, inconfondibile, assoluta. “Sballi ravvicinati”, ravvicinatissimi, uno dietro l’altro, seguendo le canzoni più amate, quelle in cui tutti si riconoscono, anche con un “vestito” più metallico, come un ricamo di laser. Nella vallata del Sanfilippo è l’apoteosi, perché gli uomini di Vasco «non tradiscono mai». (m.m.)
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