Il progetto è innovativo anche perché nel sud Italia non esiste una comunità che includa le due caratteristiche di semiresidenzialità e residenzialità. Il tossicodipendente, che non ha supporti familiari o sociali, si trova spesso, spiega la presidente della Lelat Anna Maria Garufi, a confrontarsi con il problema da solo non riuscendo nella maggior parte dei casi a superare il rischio ricadute. Lì dove non esiste un appoggio concreto per la persona che fa uso di sostanze stupefacenti, dove l’equipe di psicologi non riesce a interagire con le famiglie e dove il tossico una volta fuori dalla comunità si sente libero di decidere cosa fare e lì che è determinante la possibilità che rimanga in comunità anche la notte,con gli educatori ed il personale che già lo conoscono e che possono continuare a seguire il piano terapeutico previsto. Da qui l’esigenza di chiedere e ottenere, nel dicembre scorso, dalla Regione Sicilia, l’accreditamento per 15 posti di attività residenziale, soggiorno assistito per 24 ore. Per completare l’iter però è necessaria la stipula di una convenzione con l’Asp. Azienda sanitaria che però, nonostante il parere favorevole dell’assessore Borsellino, non intende procedere. A nulla sono valse le spiegazioni sull’utilità del servizio e i dati diramati nel maggio scorso dal direttore dell’Area Dipendenze Patologiche che fissa in 47 il numero delle persone assistite fuori Messina in regime di residenzialità. Accade anche che, per ragioni di sicurezza, le autorità giudiziarie competenti ritengano più idonea una struttura residenziale, ciò comporta che molti utenti sono mandati fuori con dispendio di tempo, di costi e di energie. Nessuna necessità di aprire una struttura residenziale, sostiene il dott. Longobardo, direttore del dipartimento per le dipendenze patologiche; problemi economici, sostiene il direttore generale dell’Asp Sirna. Insomma un punto d’incontro non è stato trovato e
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