Messina

Lunedì 29 Aprile 2024

Quei ridicoli “black bloc” di casa nostra

   Non hanno fatto gli stessi danni provocati a Milano da quei “simpaticoni” vestiti di nero ai quali è stata affibbiata la denominazione “black bloc” (come fossero protagonisti di qualche fumetto), quando invece andrebbero chiamati solo teppisti e criminali. Ma nel nostro piccolo anche qui a Messina sono scese in campo (...) le forze anti-sistema, imbrattando le facciate di alcuni palazzi del centro urbano e occupando la già occupata Casa del portuale in via Alessio Valore. Una trentina di giovani, qualche tedesco e francese, hanno agito nella notte tra il 30 aprile e l’1 maggio, scegliendo come obiettivi l’edificio del Banco di Sicilia, la sede dell’Autorità portuale, il palazzo dell’Inps e della Tesoreria comunale, perfino le fontane agli angoli di via Consolato del Mare, di fronte al Municipio. Le solite scritte: “Fuck Expo”, “No Muos no Expo”, “Fuck Authority” e una piccola “perla”: “Kobane ovunque”.  Al di là del delirante riferimento alla Siria, i nostri “eroi” si sono resi responsabili di danneggiamento alla cosa pubblica, e a edifici di interesse storico e collettivo. Sono stati ripresi e fotografati, mentre tranquillamente andavano a spasso con la loro vernice spray. Inoltre, hanno rioccupato un immobile, la Casa del Portuale, che era stato liberato nei mesi scorsi dalle forze dell’ordine. Anche in questo caso è stato commesso un reato. Se si chiede alle famiglie di rione Taormina di liberare gli alloggi popolari (a loro destinati), come si può consentire a costoro di farla franca? Delle conseguenze penali si dovrebbero occupare magistrati, avvocati, forze dell’ordine. Ma, intanto, un modo per espiare la pena ci sarebbe: costringerli a ripulire immediatamente, ovviamente a loro spese, le facciate dei Palazzi che hanno imbrattato. Così sarebbero impegnati in un’attività socialmente utile, vista la loro avversione contro il lavoro, inteso secondo la loro distorta visione del mondo come «forma di schiavismo», «mortificazione delle persone» e «strumento del Capitale» (come testimoniato da altre scritte sparse qua e là nelle vie del centro).

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