Il colpo di scena potrebbe arrivare venerdì e dare fine a quello che lo stesso Basilio Ridolfo definisce un percorso ad ostacoli. Il segretario provinciale potrebbe decidere di gettare la spugna. E’ fin troppo evidente che la deriva del partito democratico è ormai inarrestabile, che è inutile l’accanimento terapeutico. Azzerare per ripartire. Lo chiederà l’ex segretario cittadino Giuseppe Grioli, che già pubblicamente aveva drasticamente avversato lo scongelamento del dimissionario Ridolfo. Per Grioli non si può immaginare di ricominciare senza passare dai congressi provinciale e comunali. Ridolfo però annuncia che proverà a giocare l’ultima carta, a sottoporre ai suoi un crono-programma. Ricorda di averci già provato, di averci messo la faccia, di aver tentato di restituire al pd quell’unità perduta, soprattutto nel comune di Messina, al tramonto delle amministrative del 2013, ma anche a far uscire il pd dal pantano dopo il ciclone giudiziario che ha travolto Francantonio Genovese, ma senza successo. Oggi però il disastro di Milazzo prima, dove è stato un giudice a dover stabilire che un iscritto può partecipare alle primarie per la candidatura a sindaco e soprattutto di Barcellona, dove il voto di sfiducia al primo cittadino da parte del Pd con centrodestra, dr e udc, dimostra un crisi d’identità senza precedenti, segna un punto di non ritorno. Complice- aggiunge- Grioli una cultura politica di alcuni esponenti che non coglie lo spirito e il dna del pd. I renziani storici, per bocca di Francesco Palano Quero invece chiedono la convocazione dell’assemblea provinciale subito, e il congresso comunale straordinario a giugno. Deluso e amareggiato invece Felice Calabrò, esponente di quell’area dem che Ridolfo l’ha messo e rimesso in sella. Bravissima persona - dice glaciale Calabrò- ma troppo impegnato come sindaco, come professionista e nei vari incarichi che ricopre, da non poter essere come vogliono gli attivisti del partito. Mentre forse- conclude l’ex candidato sindaco di Messina- è il segretario provinciale che vogliono i deputati, perché così l’unico punto di riferimento restano loro.
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