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La scelta di privilegiare il Nord è già compiuta: basta vedere i 71 progetti “europei”

  «Il ministro Lupi nelle scorse settimane ha anticipato le linee generali del Piano dei porti e della logistica. Sembra accantonata, almeno per il momento, la questione dell’accorpamento delle Autorità portuali mentre rimane sul tavolo l’individuazione dei sistemi o distretti logistici. Come è noto, la dispersione dei porti, associata alla bassa dimensione media, costituisce una criticità del sistema portuale italiano. Gli interventi devono essere quindi finalizzati a favorire la realizzazione dei sistemi a rete, anche gerarchici, che collegano porti ed interporti di valenza internazionale con gli altri porti del distretto e favoriscano i collegamenti diretti ed immediati con la rete del sistema ferroviario nazionale, degli aeroporti e con i corridoi trans-europei». Parte da questa premessa l’analisi del prof. Michele Limosani. «Se il nostro Paese intende giocare un ruolo da protagonista nel business della logistica mondiale e quindi poter intercettare il flusso di merci che transitano dal Mediterraneo provenienti dalla Cina, dall’India, dall’est asiatico e dal continente africano, – spiega il docente universitario di Economia – si deve intervenire per potenziare gli snodi di trasporto intercontinentale, Hub continentali, le reti transeuropee (Ten-T) e dei sistemi secondari portuali a livello regionale. Sull’individuazione dei nodi intercontinentali non esistono dubbi: tre sono quelli principali, Trieste, Genova e Gioia Tauro. Qui si gioca la vera partita e si confrontano o si scontrano i forti interessi economici degli operatori nel campo dei trasporti e della logistica e le diverse posizioni politiche. Uno dei compiti del governo è quello di garantire tutti quegli interventi e quelle misure che consentano a questi nodi e alle strutture di rete nelle quali essi sono inseriti, di competere con gli altri porti del mediterraneo, ma non è possibile escludere tentativi, anche non dichiarati in modo esplicito, di indebolire la posizione di uno di questi competitor sul piano nazionale. Il nodo di Gioia Tauro, nonostante alcune criticità sui collegamenti ferroviari e la disponibilità delle aree industriali, continua quindi ad avere un ruolo di primo piano come porto di transhipment nel contesto europeo e internazionale. Grazie al collegamento con la rete del corridoio europeo V Helsinky-Valletta, esso rappresenta inoltre, un nodo strategico nel distretto logistico calabro e in quello potenziale che può estendere i suoi confini anche ai porti siciliani. La mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto ha certamente compromesso il ruolo di piattaforma logistica del Mediterraneo e quindi di possibile snodo intercontinentale che la Sicilia poteva svolgere. Ma il Ponte, si sa, è per il momento una questione rinviata a data da definire. Certo –ammette Limosani –fa una certa impressione che a scorrere la lista dei 71 progetti presentati recentemente dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla Commissione europea con richiesta di finanziamento in base ai bandi Tent-T 2014, nell’ambito dei quali sono stati stanziati circa 12 miliardi di euro (prima tranche dei 26 miliardi previsti) non si intravvedono interventi né per il potenziamento del nodo intercontinentale di Gioia Tauro né per la portualità secondaria della Sicilia e della Calabria. Continuano a prevalere i progetti delle aree territoriali del Nord del paese. Una politica nazionale, quindi, che privilegia progetti che interessano solo alcune aree del paese ma che, inevitabilmente, è anche il frutto di una scarsa capacità progettuale delle regioni del Sud e di una classe dirigente forse non ancora sufficientemente organizzata sul piano nazionale e più concentrata sulla difesa di interessi particolari o sul mantenimento di posizioni in ambito locale, rinunciando così a giocare le partite che contano di più per il rilancio del Sud».

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