30.000 euro per comprare un bambino di otto anni da una famiglia rumena. E’ la turpe vicenda scoperta dai Carabinieri del Comando provinciale di Messina che dopo alcuni mesi di indagini hanno fermato otto persone con la pesantissima accusa di riduzione in schiavitù. A sborsare la cifra una coppia originaria di Castell’Umberto ma da anni residente in Svizzera dove il marito ha fatto fortuna avviando una piccola impresa. Con loro sono finiti in carcere anche alcuni tortoriciani che hanno fatto da intermediari con un italiano residente in Romania oltre alla madre naturale ed al fratello maggiore del bambino. Tutto era iniziato nel 2008 quando la coppia, che già aveva un figlio e che aveva difficoltà a concepire il secondo, aveva denunciato all’anagrafe la nascita del secondogenito. Un bambino che sarebbe nato in casa per poi regolarizzare la posizione nel Municipio del comune dei Nebrodi. Del piccolo però, ne familiari ne amici, hanno mai avuto notizie. Per gli investigatori un depistaggio per poi acquistare un bambino sui sempre floridi mercati dell’est. La coppia si è rivolta ad un conoscente di Castell’Umberto, Vincenzo Nibali, 47 anni che a sua volta ha chiesto l’intervento dei cugini Aldo e Franco Galati Rando, rispettivamente 54 e 45 anni, tortoriciani già con parecchi precedenti. E’ stato Franco Galati Rando ad avviare le ricerche di una famiglia disposta a vendere un bambino, prima in Sicilia, poi in Toscana, spostandosi fra Firenze e Montecatini. Falliti tutti i tentativi il tortoriciano è entrato in contatto con Vito Calianno, un brindisino di 43 anni da tempo residente a Timisoara in Romania dove vive di espedienti. Per il pugliese è stato semplice contattare una famiglia poverissima che si è detta disponibile a vendere il figlio di otto anni. Stabiliti i dettagli un mese fa emissari della famiglia si sono incontrati con i tortoriciani, in un luogo appartato sui Nebrodi, per la consegna dei 30.000 euro. Lunedì scorso Franco Galati Rando, Calianno con la madre e il fratello del bambino sono partiti in auto dalla Romania per raggiungere la provincia di Messina e consegnare il piccolo alla nuova famiglia. Ma i Carabinieri, che avevano scoperto tutto indagando su un’altra vicenda, li hanno attesi agli imbarcaderi della Caronte. Appena scesi dal traghetto sono stati bloccati e posti in stato di fermo. Le indagini proseguono per accertare se siano stati commessi altri reati analoghi e per individuare eventuali complici della famiglia messinese. Il bambino rumeno è ora ospitato in un centro di accoglienza indicato dalla Procura dei Minori. Per lui un incubo senza fine, una ferita che forse mai si potrà cicatrizzare.