Un principio cardine di rispetto assoluto della persona umana “astrattamente” considerata, qualunque sia la sua “manifestazione” interiore ed esteriore. Il diritto che si adegua realmente alle progressioni comportamentali della società civile. È destinata a fare scuola la sentenza scritta dal giudice Corrado Bonanzinga, che ha trattato da presidente, insieme ai colleghi della prima sezione civile del nostro tribunale Giuseppe Bonfiglio e Maria Luisa Tortorella, un caso molto particolare. I magistrati hanno concesso a un individuo il cambiamento d’identità sessuale all’anagrafe civile di Messina, come donna, anche in assenza di “intervento chirurgico demolitivo-ricostruttivo”ma soltanto in presenza di una terapia ormonale. È la prima volta che accade in Italia. In pratica i giudici sono partiti dall’attuale normativa che viene definita di “Rettifica di attribuzione di sesso” e risale al 1982, e poi hanno considerato l’aggiornamento apportato da una legge del 2011, quindi hanno posto in rilievo il passaggio di quest’ultima legge che dice testualmente «quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato». Questo significa secondo il collegio messinese che «... appare significativo che l’adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico va autorizzato dal tribunale quando “lo ritenga necessario”, sicché il legislatore ha rimesso esclusivamente al giudice tale valutazione, trascurando di specificare i presupposti e di esaminare la peculiarità della situazione del transessuale, anche se il controllo da parte del giudice sulla necessità del trattamento non può certamente risolversi in una valutazione circa l’opportunità dell’intervento, ma va effettuato in ragione della necessità dell’intervento ai fini dell’adeguamento dei caratteri sessuali». Sulla vicenda, che ha una grande rilevanza a livello nazionale ed europeo, abbiamo chiesto un commento al legale che ha assistito la persona che ha formulato la richiesta ai giudici, il prof. Raffaele Tommasini. «Ritengoci ha dichiarato il docente -, che la sentenza sia il frutto di una interpretazione assolutamente evoluta ed evolutiva operata dai giudici, i quali in realtà sono partiti dal testo di legge esistente per evidenziare un inciso, come emerge dalla lettura attenta della sentenza, ovvero quel “quando risulta necessario”, che può voler dire che non sempre è necessaria la modifica chirurgica ai fini dello stato civile, avuto riguardo alle condizioni di salute dell’individuo, in relazione all’art. 32 della nostra Costituzione». Professore l’aspetto più interessante qual è secondo lei? «Direi che il profilo più interessante è proprio questo, dell’interpretazione attuata dai giudici, e non v’è dubbio che i giudici come i giuristi devono tenere conto delle evoluzioni socio-culturali della società attuale, da qui il richiamo che gli stessi giudici hanno fatto non soltanto alle sentenze della Corte di giustizia europea ma anche alle nuove norme della Carta di Nizza». Con quale spirito aveva accettato di seguire la vicenda? «Con quello di tentare di dare una risposta all’esigenza del mio assistito, sia pure manifestando le perplessità per una citazione che non rispondeva agli orientamenti giurisprudenziali comuni».