Ma dove sono finiti gli ottanta milioni di euro del porto di Tremestieri? Sono probabilmente al loro posto ma nessuno, oggi, lo può garantire: 35 nei bilanci della banca che concesse un corrispondente mutuo all’Authority che ne paga invano gli interessi, 15 nei conti della stessa Autorità portuale che ci fa le ragnatele, mentre altri trenta dovrebbero essere in altri due cassetti, usiamo il condizionale: 10 in quelli del Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) che nel 2010 li stanziò per Messina, 20 nelle casse della Regione che finanziò la parte del porto destinata alla piattaforma logistica. Sarebbero al loro posto, ma nessuno lo può giurare. Ecco il nuovo scandalo fatto di “tempi morti”– specialità messinese – per la più grande opera pubblica appaltata in città negli ultimi trent’anni. Ci sarebbe molto da dire anche in chiave di occupazione che di questo passo resterà costantemente in agonia a Messina, visto che già un cantiere da 80 milioni di euro, 160 miliardi di vecchie lire, porta un indotto importante in città. E questo fanno benissimo a sottolinearlo i sindacati, ma l’aspetto più grave della nuova telenovela Tremestieri è quello che riguarda tutti i 250.000 messinesi, bambini compresi, che ogni giorno per mesi e mesi – quando gli approdi s’insabbiano – convivono con i Tir nelle strade del centro. Ma vediamo di che si tratta. Già a novembre scorso il direttore generale del Comune, che del porto a sud fu la stazione appaltante al tempo di Buzzanca, ha scritto a tutti gli enti co-finanziatori dell’appalto, che venne aggiudicato nel 2011 e riaggiudicato nel 2013, chiedendo conferma sulla disponibilità immediata di tutte le somme. Una richiesta ovvia perché il nostro Comune, da novembre scorso, è in condizione giuridico-amministrativa di firmare il contratto con l’impresa Coedmar di Chioggia, il cui progetto definitivo aveva in precedenza ottenuto la decisiva Via (Valutazione d’impatto ambientale) dal ministero dell’Ambiente. È arrivata una scontata risposta ovvia tipo “tutto a posto, potete procedere”? Macché, da novembre ad oggi nessuna risposta, nessuna garanzia. E allora che si fa? Probabilmente bisognerebbe andare a Roma e battere i pugni su qualche tavolo ma la politica messinese è in grado di farlo? Tanto per dare un’idea semplice e chiara delle conseguenze di quello che sta succedendo, anzi che non sta succedendo, si rifletta su questo iter. In base all’appalto integrato da 80 milioni l’impresa vincitrice dovrebbe innanzitutto, entro 75 giorni, ovvero 2 mesi e 15 giorni, trasformare in esecutivo il progetto definitivo. Ma oggi (e così va avanti da 3 mesi) l’impresa Coedmar non inizia a redigere l’esecutivo perché ciò è possibile solo se prima si firma, assieme al Comune, il contratto d’appalto cui l’impresa ha diritto. Ma il contratto d’appalto non si firma e non si può firmare, ormai da 3 mesi, perché manca – torniamo al punto di partenza – la necessaria conferma di quelle somme che, messe assieme, fanno 80 milioni. Insomma, in termini finanziari e amministrativi, è un cane che si morde la cosa sino al “suicidio”, e ciò vanifica anche il lavoro fatto dall’ufficio espropri per acquisire i terreni di Tremestieri, a monte e a valle della linea ferrata, destinati al porto. Espropri quasi finiti. Ma i guai non finiscono qui. Oltre alla paralisi del presente, da cui si potrebbe uscire anche in tempi brevi, peggiore s’annuncia la paralisi del prossimo futuro, in cui si potrebbe affondare per mesi e mesi. Si tratta dell’approvazione finale del progetto esecutivo targato Coedmar, quando quest’ultimo ci sarà. In Sicilia in condizioni di ordinarie – come non sono quelle di Messina – il progetto esecutivo del porto a sud dovrebbe essere esaminato ed approvato a Palermo con la Conferenza speciale dei servizi. L’iter, insomma, farebbe capo a quella Regione che ha mille matasse da sbrogliare, e i cui tempi somigliano troppo spesso – anche per i casi più urgenti – a quelli di un porto delle nebbie. Per questo, l’11 dicembre 2014, il sindaco Accorinti ha richiesto al sottosegretario Graziano Del Rio la concessione dei poteri speciali che, rinnovati, concentrerebbero a Messina le procedure, rendendole più veloci, senza eludere l’esame del progetto esecutivo da parte di tutti gli enti competenti. Accorinti ha rammentato al Governo nazionale come l’iter di questo appalto da 80 milioni sia nato sotto i crismi di un’ordinanza di Protezione civile per “l’emergenza Tir”, un’ordinanza indifferibile ed urgente. Basterebbero 12 mesi di poteri speciali –tale è la richiesta –per aprire i cantieri quest’estate, comunque entro il 2015. Coi ritmi ordinari, e nessuno che sa battere i pugni, se ne parlerà sicuramente nel 2016... Intanto dai cittadini di Messina arrivano segnalazioni su decine e decine di Tir in discesa sul Boccetta, anche ieri pomeriggio, in spregio delle ordinanze e alla faccia della riapertura degli approdi, non arginati da pochi e disperati vigili!
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