Fiumi di droga, provenienti dalla Locride, affluivano nella zona sud e scorrevano nei principali canali dello spaccio della città e della provincia tracimando nel Catanese. Al centro esatto di questa “impresa della droga” c’era una consorteria criminale imperante al rione Mangialupi, che usava come base operativa un ritrovo della zona e ancor più un vicolo vicino che sembrava garantire il massimo della segretezza: si pianificavano il rifornimento, la distribuzione e lo spaccio, come l’esazione dei crediti. Proprio lì, grazie anche ad una serie di intercettazioni ad alta tecnologia, è penetrata una straordinaria indagine della Polizia di Stato, la “Vicolo Cieco”, coordinata dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Verzera e Camillo Falvo, che con questo colpo forse decisivo inferto al crimine di Mangialupi hanno entrambi concluso, per ora, la loro esperienza a Messina. Proprio ieri Falvo è stato trasferito alla Dda di Catanzaro mentre già da un mese Verzera, presente ieri a fianco del questore Giuseppe Cucchiara e dei vertici della Squadra mobile, è il nuovo procuratore capo di Caltagirone. Il risultato dell’indagine è stato lo scompaginamento di una saldissima organizzazione criminale, così serrata nei legami e ambiziosa, da far pensare quasi alle ndrine calabresi. Una consorteria forse spazzata via per sempre grazie all’arresto a vario titolo di 28 persone, parte delle quali accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Quasi una “holding” – altra definizione di ieri – in grado di fare affari, è successo, per un importo di 235.000 euro. Al punto che perfino ieri, quando sono scattate le manette, da alcune abitazioni sono saltati fuori 71.000 euro in contante e 600 grammi tra cocaina, eroina e marijuana. Ai vertice c’è innanzitutto Alfredo Trovato, 49 anni, “l’ultimo dei fratelli Trovato che era rimasto in libertà”, il presunto capo indiscusso con il compito di pianificare ogni attività; poi il suo braccio destro Giuseppe Arena, 38 anni, assieme al quale Trovato avrebbe concertato le strategie del gruppo, ed ancora un altro stretto collaboratore quale Salvatore Gangemi, 39 anni, che avrebbe fatto da collettore del denaro ottenuto. E poi una capillare rete di pusher e perfino di degustatori delle sostanze, chiamati a verificarne la purezza per abbinare guadagni e “qualità”. L’indagine ha avuto inizio alla fine del fine 2010 quando la Mobile ha scoperto l’attività di spaccio facente capo ai fratelli Basilio, Giovanni e Felice Schepis e denunciato a piede libero 64 persone, ritenute accoliti di un sodalizio autonomo. Da qui s’è risaliti all’organizzazione dominante e tentacolare, che riforniva i sodalizi minori. Si sono scardinati i muri di gomma. Grazie ad un’indagine penetrante e ad intercettazioni telefoniche ed ambientali di alto livello tecnologico si è penetrati proprio lì, in quel vicolo vicino al ritrovo, dove i “padroni” di Mangialupi conversavano liberamente e si credevano invincibili.
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