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Maxi “autoliquidazione” all’Ato 3, quattro anni e mezzo a Ruggeri

Antonio Ruggeri

  La condanna, quattro anni e mezzo di reclusione per peculato, è arrivata nella serata di ieri, quando il presidente della prima sezione penale Massimiliano Micali, dopo la lunga camera di consiglio con i colleghi Scolaro e Venuto, ha letto le poche righe della sentenza. E s’è trattato di quattro anni e mezzo di reclusione decisi a carico dell’ex commissario liquidatore dell’Ato 3 Antonio Ruggeri, finito nel gennaio del 2013 agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato per la maxi liquidazione di ben 136mila euro che in pratica si “autoassegnò” poco prima di lasciare l’incarico, nell’agosto del 2012. Pena leggermente inferiore rispetto a quanto aveva richiesto la Procura, ieri c’era il pm Margherita Brunelli, che aveva invocato la condanna a 5 anni. C’è di più in sentenza, perché i giudici hanno disposto anche la confisca della somma a suo tempo sequestrata in via preventiva e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici come sanzione accessoria. Si chiude con un responso processuale in primo grado quindi, uno dei filoni d’inchiesta su Ruggeri e sull’Ato 3 che a suo tempo fu gestito dal sostituto procuratore, oggi alla Dda peloritana, Liliana Todaro. Ruggeri, che in questa vicenda è stato assistito dal suo difensore “storico”, l’avvocato Laura Autru Ryolo, in quel periodo era anche capo di gabinetto di Palazzo Zanca e quindi dipendente comunale. Nel gennaio del 2013 finì agli arresti domiciliari a conclusione dell’inchiesta gestita dal sostituto procuratore Todaro, che coordinò l’indagine della Sezione di polizia giudiziaria della polizia, diretta dal vice questore Fabio Ettaro. L’accusa di peculato ruotava intorno ad un fatto ben preciso. Ruggeri nel dicembre 2010 aveva annunciato di voler rinunciare al compenso ma nell’agosto del 2012 si dimise dall’incarico e gli fu liquidata dall’Ato 3, su sua richiesta, la cospicua somma. Sul piano cautelare fu il gip Salvatore Mastroeni ad occuparsene all’epoca, trattando anche in maniera molto articolata sul piano giurisprudenziale il regime legislativo-economico dei cosiddetti “doppi incarichi”: «Emerge quindi – scrisse tra l’altro il gip –, una attività mirata ad eludere le incompatibilità sui doppi incarichi, con il rilevante dolo di liquidarsi le somme ad incarico, ed incompatibilità, finite, in contrasto con la precedente rinuncia, tenuta in vita, come gli incarichi per due anni». Ecco il passaggio-chiave: «Conseguenza diretta di tale situazione è che il Ruggeri, all’atto della (auto)liquidazione del compenso quale commissario liquidatore dell’Ato3 non avesse alcun titolo alla relativa percezione, mentre le relative somme avrebbero dovuto piuttosto essere trasferite al bilancio dell’ente locale (Comune di Messina) a cui apparteneva il dipendente». (n.a.)

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