Sei anni di reclusione. Per quello che doveva essere un semplice esame per la madre alla Medicina nucleare del Policlinico, nell’ormai lontano marzo del 2009, e che invece si trasformò in un incubo per il figlio quindicenne della donna, molestato dal medico specializzando che stava eseguendo l’esame in una stanza vicina. Una storia che ieri ha trovato il suo primo epilogo processuale davanti ai giudici della seconda sezione penale presieduta da Mario Samperi, che hanno condannato il medico 37enne G.L.M. (pubblichiamo le sue iniziali per tutelare la vittima degli abusi, n.d.r.), a sei anni di reclusione ritenendo pienamente sussistente l’accusa di abusi sessuali su minore portata avanti alla Procura, ieri era rappresentata dal pm Federica Rende, che aveva chiesto la condanna proprio a sei anni di reclusione. I giudici hanno poi stabilito a carico del medico, che è stato assistito dagli avvocati Alfonso Polto e Salvatore Lincoln, un risarcimento alle parti civili, il ragazzo all’epoca minorenne, la madre e la sorella, che sono state rappresentate in giudizio dagli avvocati Pinuccio Calabrò, Giovanni Pino e Giuseppe Ciminata. La vicenda, che all’epoca ebbe un’eco nazionale fino ad arrivare all’intervento del ministro Mara Carfagna, si dipanò nella mattinata dell’11 marzo 2009 quando il ragazzo e la madre si recarono al reparto di Medicina nucleare del Policlinico, dove la donna avrebbe dovuto effettuare un esame. Dopo un’attesa di circa dieci minuti si presentò il medico G.L.M. per programmare l’esame, e fece accomodare la donna nella stanza per l’esecuzione, mentre il ragazzo rimase in sala d’attesa. A quel punto il medico iniziò a fare alcune avances sessuali al quindicenne, che divennero sempre più insistenti, fino a denudarsi per compiere atti di autoeurotismo, e proponendo poi al ragazzo di fare la stessa cosa. La situazione non degenerò in questo primo approccio perché l’esame della donna si era nel frattempo concluso e il quindicenne, in uno stato di forte soggezione psicologica e di prostrazione, intravedendo la madre da una porta ne approfittò per uscire e avvicinarsi alla donna. Ma ci fu purtroppo una seconda puntata della vicenda, perché con la scusa di fotocopiare la documentazione medica dell’esame, lo specializzando riuscì a rimanere nuovamente solo con il ragazzo in una stanza del reparto e in quell’occasione si consumarono altri abusi sessuali. Poi il ragazzo, ancora irretito, riuscì a divincolarsi e scappare, e piangendo raccontò tutto alla madre. La mattina seguente il quindicenne, accompagnato dalla donna, venne ascoltato al reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico, con tutte le assistenze del caso, dal vice questore della polizia Giuseppina Interdonato. E scattò l’inchiesta, all’epoca gestita dal sostituto procuratore Vincenzo Cefalo, che portò all’incriminazione del medico.
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