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Migranti minori
scappati da
casa Mosè

E’ stata una sconfitta, l’ennesimo fallimento del sistema di accoglienza che tramite il Comune e il dipartimento servizi sociali dovrebbe garantire ai minori stranieri un percorso ricettivo organico e strutturato. Invece così non è stato e Messina è riuscita a far scappare anche i minori immigrati che trovandosi privi di figure di riferimento sono più vulnerabili rispetto ad altri coetanei. Hanno telefonato però alla  responsabile dell’Aibi, Dinah Caminiti, dalla Francia e da altre località italiane dicendo che a Messina non si sono sentiti ascoltati.  I dieci ragazzi sono andati via alla chetichella, dopo la protesta di lunedì 17 che non ha sortito alcun effetto. Hanno preferito lasciare una città che ha dimostrato poca attenzione alle loro richieste. A casa Mosè, la struttura di Camaro delle suore Immacolatine concessa in comodato d’uso all’associazione Amici dei Bambini, sono rimasti in sei, i più piccoli: due egiziani, Shamsun e Najjat del Ghana, Jankuba del Mali e il nigeriano Joseph. Al momento la loro storia è in stand by. Qualche mese fa infatti il Comune aveva assicurato lo stanziamento da parte del Ministero dell’Interno dei fondi per i minori stranieri non accompagnati, il denaro però non sarebbe stato ancora accreditato per la mancata presentazione del bilancio di previsione del Comune. Un blackout nel flusso dei finanziamenti che si ripercuote sull’AIBI e sulle altre strutture ricettive, che hanno dovuto anticipare di tasca propria l’occorrente per il mantenimento dei ragazzi. 60 mila euro da gennaio a giugno e pressoché la stessa cifra nei mesi successivi fino ad oggi. Intanto il lavoro meritorio degli operatori va avanti e le giornate per i giovani ospiti dentro casa Mosè volano via tra gli impegni scolastici, frequentano la sera il centro territoriale permanente al Verona Trento, le partite di pallone, ieri hanno giocato nel campo di Cristo Re, la coltivazione di un piccolo orto che curano personalmente nel cortile e le ore spensierate alla play station. A Casa Mosè c’è spazio per i cristiani e i musulmani; c’è la piccola cappella dove si dice messa e c’è una parte di salone adibito a moschea. Una dimensione nella quale i ragazzi si sono ritrovati accolti con affetto dalle persone del quartiere soprattutto mamme e coetanei. Ma le risposte quelle che si attendevano non sono arrivate. E anche per loro Messina è diventata solo città di passaggio. 

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