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Quattrocento minori autori di reati, ci sono solo 6 assistenti sociali

 L’ennesimo scenario di ragazzi che con naturalezza s’incappucciano e s’armano di pistole, finte che paiono vere, rapinano e terrorizzano. Notizie che baluginano come lampi fugaci per il cittadino comune, a meno che non vi capiti dentro. Ma lo inquietano, specie se riflette sui propri cari in giro a fare la spesa tra il market e la farmacia. Quegli episodi scivolano nell’oblio di quell’al - tra città che non sembra la nostra, ma lo è. Quegli assalti sono un incubo ad occhi aperti per farmacisti, cassiere di supermercato, tabaccai, commercianti di detersivi. La risposta dei carabinieri all’ultimo assalto, con quei due bravi comandanti in prima linea (della compagnia Messina Sud e della stazione di Gazzi) che hanno disarmato i ragazzi, è il simbolo della potenziata e migliore azione di controllo del territorio. Non erano mancati nei mesi scorsi, a fronte di tante rapine consumate, alcuni arresti in flagranza dell’Arma come della Polizia. Ma la modalità di quella “coppia” in borghese che mercoledì vigilava a piedi sul commercio di Provinciale, è il sistema di contrasto ideale: da Cairoli a Provinciale, dall’Annunziata a via Palermo. Ma la coperta resta corta. Per quanto efficaci siano carabinieri e poliziotti, si tornerà a scontare i limiti d’organico rispetto al vasto fronte criminale dei tempi di crisi. Con tanti minori nel circuito penale, in prima linea. Eccoci al punto. Oltre al contrasto sul territorio, la terza città della Sicilia ha un’altra urgenza, altrettanto grave e a tratti disperata. Quella di potenziare la prevenzione sociale del crimine minorile, ovvero anche i percorsi di recupero per chi ha 16 o 17 anni – e non di rado 14-15 – e s’è macchiato di reati come la rapina a mano armata, lo spaccio di stupefacenti, la violenza con lesioni gravi. Si tratta di quei progetti personalizzati, curati dall’Ufficio di servizio sociale per i minorenni (che dipende dal Dipartimento Giustizia minorile del ministero) che possono essere decisi dal giudice minorile, a condizione che da parte del ragazzo vi sia la coscienza del crimine commesso e la disponibilità a cambiare vita: l’opportunità che la legge definisce “messa alla prova”, dopo un periodo di permanenza in casa o in comunità alloggio. Si tratta della sospensione del processo: se la prova funziona, al termine del percorso, che dura di solito fino a un anno, il reato s’estingue. In quest’ottica è importante sottolineare quanto vitale possa essere, per provare a “rieducare” il maggior numero possibile di baby rapinatori o di baby spacciatori, che l’Ufficio del Servizio sociale sia dotato di un organico adeguato, proporzionato alla popolazione minorile non della sola città, ma dell’intera provincia. Così non è: gli assistenti sociali dell’Ufficio di Servizio sociale sono appena sei a fronte della ventina di cui dispone l’omologo di Catania e la quarantina di quello di Palermo. Messina, numericamente parlando, è il fanalino di Sicilia assieme a Caltanissetta. Nonostante tali limiti strutturali, quest’esiguo personale, diretto dalla dottoressa Maria Palella riesce ad assolvere, in collaborazione con la Procura dei Minori, ad una mole di lavoro che non è esagerato definire impressionante. Si avvale del supporto professionale di alcuni psicologi in convenzione annuale, di quello altrettanto prezioso dei volontari di associazioni e centri che forniscono percorsi di rieducazione indiretta o la figura di “esperto amico”, spesso affiancata al minore messo alla prova. Vi è anche la prospettiva del nuovo Piano di zona che ha previsto, per i minori nel circuito penale, l’innovati - vo ufficio di Mediazione penale, laddove il minore reo, affiancato dal mediatore, incontrerà la vittima del suo reato. Il Comune collaborerà con un fondo di 50.000 euro. Ma tale risorsa, alla luce delle sorti del piano di zona, è lontana. I numeri sono, purtroppo, impietosi. Ogni anno, nella provincia di Messina entrano nel circuito penale circa 400 minorenni. Miracolosamente, con quei limiti di personale, i percorsi di “messa alla prova”, tra città e provincia, sono un centinaio. Ma 6 assistenti sociali non possono fare per 20 o 40 e, nella città dei rioni, i vuoti si pagano. 

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