Domani è il gran giorno. Almeno dovrebbe esserlo. La sera in cui il “Vittorio Emanuele”riapre i battenti, con lo spettacolo di Toni Servillo, fresco di premio Oscar per l’interpretazione nel film “La grande bellezza”. La sera in cui torna al centro della scena il Teatro, con la T maiuscola, sgombrando il campo da tutto il resto, dalle vertenze infinite, dalla carenza di fondi, dai contenziosi, dalle paure per la stessa sopravvivenza della principale istituzione culturale cittadina. Ma, in realtà, non è così. L’avvicinamento all’inaugurazione della nuova stagione è accompagnato da tensioni e polemiche, sfociate ieri nell’abbandono della seduta del consiglio di amministrazione dell’Ente da parte dei due consiglieri “dissidenti”, Laura Pulejo e Totò D’Urso, che si sono autosospesi dall’incarico in attesa di un chiarimento da parte del sindaco Accorinti. Il pomo della discordia è la proposta di regolamento avanzata dal soprintendente Antonio Saija e che i consiglieri di maggioranza del Cda intendono approvare al più presto, per riorganizzare la gestione dell’affidamento degli incarichi esterni. Un atto che ha scatenato le ire soprattutto dei maestri orchestrali che hanno letto in alcune delle norme contenute nella bozza di regolamento, un vero e proprio “affronto” verso chi da decenni lavora per il “Vittorio Emanuele”, mettendo a disposizione la propria professionalità. Orchestrali che, per difendere il proprio ruolo, hanno intentato negli anni cause nei confronti dello stesso Ente. Ed è qui uno dei punti dolenti della vicenda: secondo la proposta originaria del regolamento, tutti coloro che hanno contenzioni con il Teatro non possono più ricevere incarichi. Sarebbe ovviamente la fine di ogni collaborazione (non parliamo di speranza di stabilizzazione) per tutti i 34 componenti dell’Orchestra. Da qui le proteste, il coinvolgimento di alcuni consiglieri comunali (Nina Lo Presti, Gino Sturniolo, Daniele Zuccarello) che hanno chiesto al sindaco Accorinti di intervenire per fare chiarezza su quanto sta accadendo al “Vittorio”, rinfacciando al soprintendente la mancanza di “trasparenza”.