Le scatole cinesi della bancarotta. In quel maggio, e in quel settembre del 2011 - racconta il gip Materia nella sua ordinanza -, ci fu in pratica un’attività distrattiva molto intensa con la creazione delle società che “ereditavano”sottobanco i beni della Demoter per lasciare a secco i creditori, dopo il fallimento dell’impero economico originato dal padre di Borella, Benito, un ex capo cantiere, e poi notevolmente allargato dal figlio stesso, Carlo, fino però ad arrivare al collasso. E in tre righe si capisce tutto del sistema-bancarotta: «... viene così in evidenza –scrive il gip Materia –, l’effetto fraudolento perseguito con le condotte in esame, vale a dire quello di distrarre un ramo aziendale produttivo di Demoter Spa, trasferendolo alla Brick Spa e da questa ritrasferito, depurato dai debiti, alla Cubo». Ma questa è soltanto una delle operazioni che sono state messe in piedi quando si decise a tavolino di smembrare la Demoter per creare altro. E l’idea di fare tutto questo – spiega sempre il gip –, ha un contesto e una data ben precisi. Quegli «opachi propositi» di Carlo Borella nel dire addio alla prediletta Demoter sarebbero maturati quando per la prima volta fu toccato da un’altra inchiesta, sempre della Mobile, siamo a maggio del 2010, con cui gli veniva in pratica contestato di aver nascosto le estorsioni di Cosa nostra barcellonese con fatturazioni gonfiate, di aver mascherato il pizzo alla mafia con il cosiddetto “nolo a freddo” di un escavatore. Erano le richieste del boss Carmelo D’Amico, che oggi è pentito, il quale avrebbe incassato all’epoca, nel 2010, ben 20.000 euro dalla Demoter per la classica “protezione”. Da lì, da quell’interesse investigativo poi maturato in un processo e una condanna a 2 anni, seppur ridotta in appello e senza l’originaria aggravante di aver favorito la mafia, sarebbe maturato il disegno globale, di cui il gip Materia da quadro d’insieme molto chiaro nella sua ordinanza: «La lettura congiunta delle operazioni societarie qui descritte e delle utili conversazioni captate – scrive ancora il gip Materia –, ha consentito di rilevare come il dissesto della Demoter Spa, che ha indotto il suo amministratore Borella Benito a chiederne l’ammissione a concordato preventivo, sia stato dunque il frutto di una pervicace, costante e consapevole attività di svuotamento della medesima società, a cui si è accompagnato un formale allontanamento dell’attività della figura di Carlo Borella, all’evidente fine di sottrarre il gruppo alle perniciose conseguenze derivanti dalle vicende giudiziarie che hanno coinvolto quest’ultimo. Il processo di trasformazione del volto societario del gruppo Borella si inserisce, infatti in un preciso contesto cronologico contraddistinto da significativi eventi giudiziari ed amministrativi occorsi a Borella Carlo». «È proprio a far data dall’escussione a s.i.t. del Borella – prosegue il gip –, che viene consolidato il progressivo depauperamento della società coinvolta, attraverso la contestuale costituzione di nuove società e la modifica degli assetti societari e delle cariche di quelle esistenti, incomprensibile ed ingiustificabile se non alla luce della consapevolezzadi poter essere coinvolto, insieme alla Demoter, per un verso in vicende giudiziarie, e per altro verso, a causa delle certificazioni antimafia negative, di essere escluso dal sistema dei pubblici appalti, con conseguenze nefaste per l’intero gruppo imprenditoriale».