Si comincia dal prospetto principale e da due dei padiglioni di maggior pregio architettonico. In settimana sarà pubblicato il bando e nei prossimi mesi si aprirà il cantiere per gli interventi di riqualificazione e rifunzionalizzazione delle strutture all’interno del quartiere fieristico. È una delle sfide più rilevanti che vede in prima fila l’Autorità portuale, l’ente che ha stanziato oltre cinque milioni di euro e ha bandito la gara di progettazione. Sono gli architetti Franco Purini, Laura Thermes e il messinese Massimo Lo Curzio a comporre il pool di professionisti chiamati a ridisegnare, in parte, il profilo sempre più decadente di un complesso che mostra da decenni tutte le sue crepe, segni di un lungo degrado che è stato ed è ancora lo specchio della città e del fallimento di uno dei suoi capisaldi, la Fiera di Messina. Si rimette mano a quell’idea di waterfront che non può non comprendere la cittadella di viale della Libertà, tassello fondamentale tra l’Annunziata, il lungomare portuale e le aree da recuperare della Falce e di Maregrosso. I lavori di restauro partiranno, dunque, dal Portale d’ingresso, l’opera realizzata nel 1951 ai tempi in cui la città, e la sua Fiera, sognavano in grande, e comprenderanno anche il Padiglione delle Mostre d’Arte e del Turismo (risalente al 1952) e il Padiglione centrale, immaginato con il profilo di una nave dagli architetti Adalberto Libera e Mario De Renzi (1938) e successivamente modificato, secondo l’originale impronta impressa da due dei maestri dell’architettura razionalista italiana, Pantano e Rovigo. I nomi prestigiosi del passato s’intrecciano a quelli del presente. Lo Curzio è un affermato progettista messinese, e docente di Architettura all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Franco Purini e Laura Thermes, marito e moglie, sono tra le più note “archistar”romane, con un interminale curriculum di opere progettate e realizzate. Il presidente dell’Autorità portuale Antonino De Simone crede molto nel progetto di riqualificazione del quartiere fieristico. «Ci hanno accusato di aver fatto poco o nulla – a f f e rma – ma rispondiamo con i fatti. Lo sforzo prodotto in questi due anni è stato enorme e i risultati stanno arrivando». I ritardi ci sono stati (l’obiettivo originario era di aprire il cantiere entro l’estate del 2013), causati come al solito da una macchina farraginosa, quella delle opere pubbliche in Italia e in particolare in Sicilia, fatta apposta per spegnere qualsiasi entusiasmo. Ma adesso si sta finalmente per partire.