Trentacinque milioni di euro preceduti dal segno meno. Questa la cifra che “fotografa” il preoccupante disavanzo economico dell’Azienda ospedaliera Papardo-Piemonte. Un importo che neanche il direttore generale, Michele Vullo, si aspettava di trovare: «Immaginavo potessero esserci degli ammanchi – commenta – ma, devo essere sincero, non pensavo di tali dimensioni». Reazione sorpresa, secondo quanto spiegato dallo stesso Vullo, anche in assessorato regionale, dove il manager si è recato lo scorso 11 settembre per un incontro relativo all’assegnazione delle risorse finanziarie del fondo sanitario regionale 2014. In quella sede, il manager ha rappresentato ai vertici regionale la “piaga” contabile della struttura ospedaliera: «A Palermo c’è grande preoccupazione – continua il dg –e ci hanno chiesto di avviare un’indagine amministrativa per cercare di capire come si sia arrivati a tale buco. In realtà, a mio avviso, sarebbe il caso di affidare direttamente tutto alla Corte dei conti». A supportare l’Azienda nell’attività di verifica e ricognizione finanziaria, la società di revisione “Deloitte&Touch”, tra le prime quattro del settore. Gli esperti, avranno l’incarico di procedere al controllo del bilancio 2013 e del bilancio al 30 giugno 2014, per accertare l’esattezza, o meno, delle rilevazioni contabili. Nel dettaglio, il prospetto presentato in assessorato che “spiega” il disavanzo milionario, è frutto di ricavi totali pari a 135 milioni 951 mila euro, a fronte di costi complessivi che si attestano su 171 milioni 309 mila euro. In una nota, la direzione specifica che “il sopra evidenziato disavanzo potrà peggiorare per effetto della verifica affidata la Deloitte& Touch, in quanto alcune poste contabili, quali la variazione delle rimanenze, l’accantonamento a fondi rischi e le sopravvivenze passive, potranno subite delle rettifiche per errata contabilizzazione nel periodo precedente. Il tutto per un importo stimato di circa 12-23 milioni rispetto al valore negoziate”. A semplificare il concetto messo nero su bianco, ci pensa Vullo: «Avevamo un bilancio di previsione (2013) che stabiliva costi per dispositivi medici, per l’intero anno, pari a 12 mln e 8. Al 30 giugno però – spiega il dg –, 9 mln sono risultati essere già stati utilizzati. Se ciò è vero, significa che gli stessi dispositivi (ad esempio protesi) sono stati impiantati in pazienti che ne avevano bisogno. Diversamente, quanto non impiantato, dovrebbe risultare come scorte di magazzino. Ebbene, abbiamo già appurato che così non è». Per il direttore, insomma, ci si trova di fronte «ad operazioni non sempre molto lineari che vanno chiarite. Se mi viene chiesto il pareggio di bilancio, primo obiettivo di un manager, è giusto che si chiarisca la condizione di partenza e le difficoltà che ciò comporta in fase di gestione». Nei 35 milioni non sono poi compresi i 6 derivanti da ipotetiche richieste di risarcimento pregresse avanzate da cittadini (da verificare in sede legale), in particolare a carico del Piemonte, «per cui sono state accantonare, solo parzialmente, somme di copertura». Di fronte a tali circostanze, per Vullo non rimane che «monitorare le dinamiche di spesa, correggere eventuali storture e, nel caso in cui rivelassimo elementi di perversione, denunciare alle autorità competenti».
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