«Nessun ritorno al Ponte ci è stato accennato negli incontri a Reggio e a Roma dal presidente Renzi o dal sottosegretario Delrio. Alcuni nostalgici remano in questo senso, ma non ci riusciranno suscitando la paura di grandi penali che lo Stato dovrebbe pagare per cantieri mai aperti, anzi per un progetto preliminare mai approvato in sede definitiva». Mostra serenità il sindaco Renato Accorinti, sugli ultimi rumors che hanno sfiorato pagine e siti on line di alcuni gionali nazionali, e il suo ragionamento si dipana seguendo i fili di una vita, la sua, dedicata in buona parte al “no al Ponte”. «Il lavoro fatto va pagato, lo riconosco, ma questo è un altro discorso. Il problema è che Messina e l’area dello Stretto per 40 anni sono state lasciate appese al filo nel nome di una mega opera a mio giudizio inutile, devastante e costosa e che per quest’illusione sono rimaste indietro nelle infrastrutture e nei diritti elementari. Questa –rimarca –è la nostra battaglia: le vere opere di cui Messina ha bisogno, a cominciare dal secondo Palagiustizia nell’area dell’ex Ospedale militare, che abbiamo messo al primo punto delle nostre richieste, parte delle quali sono possibili come “compensazione” per tutto quello che non è stato mai fatto». E qui Accorinti e l’assessore alle Infrastrutture, Sergio De Cola, fanno riferimento a quella clausola rimasta come una speranza, secondo cui Eurolink, la cordata di imprese aggiudicataria del mega appalto, potrebbe – nonostante la chiusura dell’iter del Ponte sancita dal Decreto Monti – realizzare opere compensative necessarie a Messina. Un’ipotesi che, forse, faciliterebbe allo Stato una transazione ma che rischia anche di essere l’ennesima illusione considerando lo stato embrionale di quasi tutti i progetti “compensativi”.