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Riciclaggio di rame, l’inchiesta si allarga

 L’inchiesta “Red carpet” dei carabinieri è destinata ad allargarsi, anche perché vi sono tante variabili da passare al setaccio e ancora troppi interrogativi a cui rispondere. Per capire ulteriori retroscena sul riciclaggio del rame a Messina, in Sicilia e in Italia potrebbe rivelarsi utile l’a n alisi del materiale sequestrato dai militari dell’Arma della città dello Stretto, Caltanissetta e Pisa, su disposizione della Procura. «Dalla prossima settimana analizzeremo gli atti trovati nei centri di Maregrosso, Venetico e Pontedera. Si tratta di fatture e bolle di accompagnamento », spiega il tenente colonnello Federico Reginato, alla guida del Reparto operativo di Caltanissetta. Il quale aggiunge che bisogna chiarire aspetti come l’e f f e ttivo ammontare del business. «Bisogna pure capire quali soggetti si collocano al vertice della piramide e in tal senso saranno molto importanti le verifiche nella ditta toscana “Eco-Acciai”. Azienda che, stando alle accuse formulate dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Antonio Carchietti e Roberta La Speme, fungerebbe da terminale in cui giunge materiale ferroso proveniente da diverse regioni del Paese. E dall’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali, firmata dal gip Maria Teresa Arena, si evince che oltre ai quattro imprenditori accompagnati in carcere, ossia i fratelli Alberto, Antonio e Luciano Di Blasi (gestori della ditta Messina Metalli di Maregrosso) e Lucia Spadaro (titolare della Metal Rottami di Venetico), risulta indagata una quinta persona, il 38enne Maurizio Pintabona. Anche a quest’u ltimo è contestato il reato di «associazione dedita al riciclaggio di rame, provento di furti di cavi elettrici e telefonici perpetrati in prevalenza da cittadini rumeni». Altro capo d’imputazione riguarda il compimento di «operazioni volte ad ostacolare l’i d e n t i f icazione della provenienza delittuosa di ingenti quantità di rame».

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