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La storia di 11 milioni di euro gettati al vento

«Sarà finanziato con 11 milioni di euro il Centro di documentazione e produzione di arti contemporanee di Messina alla Real Cittadella». A firmare lo “storico”annuncio fu l’allora assessore regionale ai Beni culturali e ambientali Lino Leanza. Era il 30 novembre 2006. E all’annuncio seguiva anche il cronoprogramma: «L’espletamento dell’appalto integrato e la successiva consegna dei lavori potranno concludersi entro la fine di febbraio 2007». L’assessore regionale sottolineava, poi, l’importanza dell’opera: «La zona rappresenta il cuore storico e artistico di Messina e va sottratta al degrado in cui versa». C’erano, dunque, tutte le condizioni per agire: la volontà politica, i soldi (risorse liberate dalla sottomisura 5.01c del Por Sicilia), il progetto esecutivo redatto dalla Soprintendenza, la condivisione dell’obiettivo primario, anche oltre gli stessi contenuti progettuali, cioè l’avvio della riqualificazione della Falce simboleggiata dai resti della fortezza secentesca in riva allo Stretto. Tre anni prima, esattamente il 25 giugno del 2003, il dirigente generale dei Beni culturali in Sicilia Giuseppe Grado, firmava il decreto di approvazione del progetto denominato “Cdac”. Il Centro di documentazione e produzione delle arti contemporanee, che prevedeva anche un Archivio regionale e un Laboratorio sperimentale del Cinema, dell’audiovisivo e delle nuove tecnologie, oltre che uno spazio teatrale sperimentale, veniva inserito nel programma degli interventi della Regione e si assicurava la copertura finanziaria. È significativo un passaggio: «Gli interventi previsti sono riservati alle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina »

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