Sono 53 i capi d’imputazione della nuova inchiesta sulla formazione che è deflagrata mercoledì scorso con la richiesta d’arresto per l’on. Francantonio Genovese del Pd. Ma è un’inchiesta che arriva da lontano, con tutta una serie di nuove attività d’accertamento già all’indomani dei primi arresti, era il luglio 2013, passando attraverso una proroga d’indagine di sei mesi e una lunga serie di interrogatori di “persone informate dei fatti”, alcune consulenze- chiave, e poi le dichiarazioni di un indagato che in pratica ha riempito verbali su verbali davanti ai magistrati, raccontando tutto quello che sapeva. Ed è come sempre fondamentale, è interessante, ancorarsi ai capi d’imputazione contestati per avere un quadro chiaro di cosa significhi questa inchiesta. Che vanno dal 2006 al 2013. Prendiamo per esempio spunto da alcune parole o concetti che ricorrono più volte: «conflitto di interesse », «amministratore apparente », «rendicontazioni infedeli», «lievitazione dei canoni », «cifre esorbitanti», «illecita locupetazione», «operazioni inesistenti», «consulenze in realtà mai rese», «evadere imposte sui redditi», «passività fittizie», «vincoli di appartenenza politica e familiare ». Se invece si guarda ai reati specifici, in prima battuta viene contestata a sei indagati - Francatonio Genovese, Stefano Galletti, Salvatore Lamacchia, Elena Schirò, Giovanna Schirò e Domenico Fazio - l’associazione a delinquere «allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di peculato, truffa aggravata, riciclaggio, falso in bilancio nonché reati finanziari e contro la pubblica amministrazione (in concorso con pubblici ufficiali)». Tutti questo fino al dicembre del 2013, ovvero pochi mesi addietro. All’on. Genovese viene contestata anche l’aggravante di essere «capo e promotore dell’organizzazione ». Come si realizzava tutto questo secondo l’accusa? Ecco: «... attraverso le attività degli enti di formazione Aram, Lumen, E.s.o.fop, Training Service, L&C Learning & Consulting, Cesam, Apindustria, Nt Soft, Ecap, Ial, Enfap, Reti, a loro direttamente o indirettamente riconducibili e delle seguenti società, che erogavano servizi ai predetti enti, essendo sempre da loro sempre gestite e controllate: Caleservice Srl, Centro Servizi 2000 Srl, Sicilia Service Srl, Elfi Immobiliare Srl, Trinacria 2001 Srl, Napi Service Srl». Ecco invece i casi concreti della singole tipologie di reato ipotizzate a carico di persone fisiche ed enti dal pool della Procura peloritana coordinato dall’aggiunto Sebastiano Ardita che ha lavorato all’inchiesta. Sono infatti rubricati nei capi d’imputazione 9 casi di peculato, 13 di truffa in erogazioni pubbliche, 3 di riciclaggio, 9 di evasione fiscale attraverso l’appostazione nei bilanci di passività inesistenti, 9 di false fatturazioni, infine 6 di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Le persone fisiche indagate sono complessivamente venticinque, mentre gli enti formalmente iscritti nel registrato degli indagati sono sette: Sicilia Service s.r.l., Napi Service s.r.l., Caleservice s.r.l., Centro Servizi s.r.l., Lumen, Enfap e Ancol. Tra gli indagati di questa nuova inchiesta ci sono esponenti politici, liberi professionisti, prestanome, imprenditori, galoppini elettorali, ma soprattutto parenti e amici del parlamentare, che hanno fatto parte in questi anni della sua “galassia”. Un caso emblematico, per fare un altro esempio, è quello previsto al capo d’imputazione n. 6, in cui sia parla di contratti di pulizia tra l’Aram, ovvero l’ente che percepiva i fondi regionali, e la Napi s.r.l., che forniva i servizi stessi. Ebbene, in tre anni l’esborso dell’Aram, ovvero con il denaro pubblico proveniente dalla Regione, è stato a favore della Napi s.r.l. di circa 435.000 euro, mentre se si vanno a guardare al capo d’imputazione i soldi spesi dalla Napi s.r.l. per «compensi erogati a lavoratori », ci sono agli atti cifre molto più basse: nel 2007 furono 12.803 euro, nel 2008 furono 18.187, nel 2009 10.375. E la differenza, ovvero parecchio denaro, dov’è finita?