La bomba è esplosa alle prime luci dell’alba. Una deflagrazione che era attesa da tempo fin dal luglio scorso quando scattarono gli arresti per la prima tranche dell’inchiesta sulla formazione professionale. Inchiesta che portò all’arresto della moglie dell’on. Genovese dopo lunghe indagini sugli enti riconducibili all’ex sindaco di Messina. Altri otto mesi di attività investigativa ha permesso di chiudere il cerchio da parte della Procura sulla vicenda. Così stamani gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, hanno notificato all’on. Genovese una richiesta di autorizzazione all’esecuzione di misura cautelare personale. Richiesta già notificata ieri sera alla Presidenza della Camera dei Deputati che ora dovrà decidere sull’arresto del parlamentare del PD. Contemporaneamente la Squadra Mobile ha arrestato quattro persone accusate, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di vari reati come peculato, truffa aggravata, riciclaggio, falso in bilancio nonché reati finanziari e contro la pubblica amministrazione. Ai domiciliari sono finiti:
Salvatore Lamacchia, 48 anni già capo della segreteria particolare dell’ex assessore regionale alla Formazione Mario Centorrino, Domenico Fazio, 41 anni e Roberto Giunta, 38 anni dipendenti dell’ente Enfap ed il commercialista Stefano Galletti, 56 anni. Gli arrestati, con l’eccezione di Giunta , legati anche da vincoli di appartenenza familiare e politica, sono ritenuti responsabili di far parte di un’associazione per delinquere, di cui Genovese sarebbe il capo e promotore. E se nella prima tranche dell’inchiesta “Corsi d’oro” erano finiti sotto la lente d’ingrandimento della magistratura gli enormi flussi di denaro che dalla Regione giungevano agli enti di formazione aram, ancol e lumen per spese che, secondo l’accusa, venivano gonfiate a dismisura l’inchiesta culminata nei provvedimenti notificati oggi di oggi analizza prevalentemente i reati di peculato, truffa aggravata, riciclaggio, falso in bilancio, reati finanziari e contro la pubblica amministrazione che sarebbero stati commessi attraverso le attività di una decina di enti di formazione professionale a loro riconducibili fra le quali CALESERVICE, CENTRO SERVIZI 2000, SICILIA SERVICE, ELFI IMMOBILIARE, TRINACRIA 2001 e NAPI SERVICE , che erogavano servizi agli enti in questione, essendo sempre da loro gestite e controllate. Le attività illecite sono state compiute sempre in conflitto di interesse rispetto alla destinazione del denaro pubblico gestito dagli indagati, orientandole sia a profitto personale sia a finalità di propaganda politico-elettorale, ed attingendo illecitamente ai fondi erogati dalla Regione per la formazione professionale, grazie anche al sostegno politico ed alle pressioni esercitate dagli esponenti di riferimento, in primo luogo dall’On. Genovese, per garantire l’accreditamento degli enti, il finanziamento dei progetti, l’erogazione delle anticipazioni e dei saldi.
In particolare le società di Genovese compivano operazioni di trasferimento delle somme di denaro di provenienza delittuosa ricorrendo a fatture per operazioni inesistenti emesse in loro favore da CALESERVICE s.r.l. ed, infine, emissione di documenti relativi ad operazioni inesistenti per consentire a società a lui riconducibili di evadere le imposte sui redditi e l’imposta sul valore. In totale sarebbe stata accertata una evasione pari a circa un milione di euro l’anno dal 2006 al 2013. Le persone arrestate si sarebbero prestate ad emettere fatture false o ad attestare falsamente la presenza di dipendenti degli enti di formazione sul posto di lavoro, mentre in realtà erano distaccati nello svolgimento di funzioni private ad esempio nelle segreterie politiche degli onorevoli Genovese e Rinaldi. Nell’inchiesta sono indagate altre 25 persone fra le quali il deputato regionale Franco Rinaldi, le sorelle Chiara ed Elena Schirò, rispettivamente mogli dell’on Genovese e dell’on Rinaldi, Giovanna Schirò, l’ex consigliere comunale del PD e direttore dell’Aram Elio Sauta, la moglie Grazia Feliciotto, l’ex assessore comunale Melino Capone ed il fratello Nicola e Concetta Cannavò.