E’ una deriva inarrestabile quella del partito democratico di Messina, spaccato al suo interno tra una maggioranza che si avvale di numeri e di tessere (ma che sembra non avere la percezione di una realtà che è profondamente cambiata) ed una minoranza che, invece, è proprio il frutto di questo cambiamento. La mancanza di un timoniere per molti mesi, dalle dimissioni del segretario provinciale Nino Bartolotta, chiamato a Palermo nella squadra di Crocetta, passando per quelle del cittadino, Giuseppe Grioli ( fra l’altro mai ratificate) che partecipò alle primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra, fa sentire ancora i suoi effetti, nonostante uno dei due vuoti sia stato colmato soltanto verso la fine del 2013 con la nomina di Basilio Ridolfo. Nomina scaturita da un accordo, non sottoscritto dai renziani storici, ma che prevedeva un riassetto della composizione dell’assemblea, con una suddivisione della rappresentanza con il 51% per l’area che fa riferimento all’on. Francantonio Genovese e il 49% al resto del mondo. Accordo non rispettato quando dai congressi dei circoli il 51 diventò invece il 64% . Una situazione che, a quanto pare, sarebbe ingestibile per il neosegretario provinciale Ridolfo che, non avendo trovato la quadratura del cerchio (questa è la lettura dei gruppi di minoranza) nel tardo pomeriggio di ieri, senza una spiegazione, ha rinviato a data da destinarsi (forse lunedì 17 marzo) l’assemblea provinciale di stamattina. Atto questo che ha scatenato la reazione di tutti i gruppi della minoranza che adesso chiedono la testa di Ridolfo. Le aree Civati e Pittella lo invitano dimettersi,l’ex city manager Emilio Fragale gli suggerisce in alternativa di smarcarsi dalle vecchie logiche di potere, i renziani storici (e la differenziazione con quelli dell’ultima ora è d’obbligo, poiché non sembra questa la posizione del deputato Pippo Laccoto) invocano il commissariamento del partito.
Caricamento commenti
Commenta la notizia