Capannoni fantasma, squarci di edifici segati a metà e brandelli di mura, masse di una terra nera e fangosa buona solo per inquinare il mare, e alcune tra le discariche tra le peggiori della città: nel bel mezzo, i soliti grandi spazi di litorale che si restringe e si riespande tra la via Don Blasco e la battigia, davanti a uno dei mari più straordinari del mondo. A Maregrosso il mare gocciola d’azzurro, scrisse Pascoli, ai primi del 900: due secoli dopo, su Maregrosso, il silenzio e quasi l’ignoranza. Più di un anno dopo la fine della straordinaria campagna dell’ax assessore comunale Pippo Isgrò e della Capitaneria per la riconquista del demanio di Maregrosso, riecco il battito disperato del cuore malato di Messina, la terra l’arcivescovo Marra chiamò l’occhio cieco della città. Dopo aver buttato giù circa 25 costruzioni abusive, perfino un palazzo sulla via Don Basco che in tanti al Comune non avrebbero mai sfiorato nemmeno col pensiero, e scoperto perfino un’impresa edile insediata in un capannone abusivo, è disceso il silenzio. Dopo tanto fastidio dato a chi aveva scambiato concessioni contrarie agli “usi del mare” per un diritto di proprietà, pur potendo ricevere un’area sostitutiva (come ha fatto il marmista Boncoddo) su questà città monca in riva al mare è disceso il silenzio.