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Arrestato Lento
dirigente "volanti"

Lo hanno prelevato stamattina nella sua abitazione e trasferito in carcere. E’ accusato di aver favorito la ‘ndrina dei Mancuso, uno dei clan più potenti della Calabria, Maurizio Lento, ex capo della Squadra Mobile di Vibo Valentia da due anni dirigente dell’Ufficio Volanti della Questura di Messina. Originario di Cosenza aveva assunto l’incarico il 17 settembre 2013 proveniente dalla Divisione anticrime sempre di Messina. Una carriera importante iniziata nel 2000 con la dirigenza dell’ufficio scorte della Questura di Reggio Calabria fino al suo arrivo nel 2007 alla guida della Mobile di Vibo Valentia.  Con Lento stamattina è stato arrestato il suo vice alla Mobile di Vibo, Emanuele Rodonò su provvedimento firmato dal gip di Catanzaro che contesta ai due poliziotti due anni di mancate indagini, omissioni, insabbiamenti e depistaggi.   L’accusa è pesante: concorso esterno in associazione mafiosa. Lento e Rodonò, spiega il giudice nelle 200 pagine di ordinanza, fra il 2009 ed il 2011  non hanno mai ritenuto di avviare alcuna indagine su quella che era ed è la più pericolosa e sanguinaria cosca di ‘ndrangheta operante sul territorio calabrese”. L’arresto è scattato anche per un avvocato, Antonio Galati, storico legale della famiglia Mancuso. E proprio grazie alla sua attività mediatrice che gli uomini della ‘ndrangheta avrebbero raggiunto gli apparati investigativi, giudiziari e di pubblica sicurezza dello Stato”. Una paziente e sottile attività di per “assicurare ai propri componenti trattamenti di riguardo e di favore”, acquisendo anche “informazioni riservate”, garantendo “la possibilità agli affiliati di continuare a operare in condizioni di massima tranquillità.

Le indagini hanno accertato alcuni episodi chiave come quello del  19 aprile 2011 quando Lento in persona si recò a casa del boss Mancuso  per notificargli un atto relativo alla morte della moglie.  L’avvocato Galati parlò poi al telefono con Mancuso e il boss poi gli telefonò: “Digli che passano di qua che si prendono il caffè”.

Secondo la Procura l’episodio del caffè col boss ha “un significato simbolico, devastante per il messaggio di complicità mafiosa espresso”. E ci sarebbero poi  conversazioni intercettate mai trascritte nei brogliacci e addirittura una dichiarazione di fedeltà al clan Mancuso rilasciata dal vice di Lento, Rodono durante una conversazione in auto intercettata con l’avvocato Galati. 

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