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Dietro il delitto del
barista messinese spunta
il racket dei videopoker

 Non è stata ancora fissata l’autopsia sul corpo di Antonino Morabito, il barista di 41 anni assassinato domenica mattina dietro al bancone del suo locale a Barrafranca da un killer con il volto coperto. Prima di stabilire il giorno e l’ora dell’esame autoptico dovranno infatti essere rintracciati tutti i familiari della vittima, molti dei quali vivono a Messina, città d’origine del barista che si era trasferito nel paese ennese dopo avere conosciuto quella che era poi divenuta sua moglie, nonché madre dei suoi due bambini. La ricerca dei congiunti è un atto dovuto, in quanto come parti lese possono nominare eventuali consulenti in occasione dell’esame medico legale. Di certo c’è che l’autopsia sarà eseguita dal dott. Cataldo Raffino, patologo già incaricato dal sostituto procuratore Francesco Augusto Rio, che coordina le indagini sul delitto. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati già interrogati nella caserma dei carabinieri di Barrafranca familiari e amici dell’uomo ucciso, nonché i due testimoni oculari che domenica alle 9,10 si trovavano nel locale quando ha fatto irruzione il sicario. Anche se gli inquirenti non fanno trapelare nulla, pare che comunque dagli oltre venti interrogatori non siano emersi molti indizi utili per dare una svolta al giallo dell’incensurato finito a colpi di pistola. Si segue qualsiasi pista, in particolare quella legata al racket dei videopoker ma non viene esclusa anche quella della vendetta personale. Tanto più che due anni fa Morabito era stato accoltellato in varie parti del corpo da due aggressori rimasti sconosciuti, subito dopo la chiusura del bar. C’è un nesso con quel primo «avvertimento »? Gli investigatori dovranno rispondere al rebus che tiene tutta Barrafranca con il fiato sospeso.

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