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Alunno picchia la maestra
in classe sotto gli occhi
atterriti dei compagni

  Roberto è un bambinone di due anni più grande rispetto ai compagnetti della sua classe: è stato bocciato perché – dicono i genitori – ha un problema cognitivo che necessita di un particolare metodo d’insegnamento che la scuola, però, non gli garantisce. E allora Roberto arranca. È dolcissimo, a volte, premuroso, attento: e anche molto intelligente. Ha fatto amicizia con un altro bimbo anche lui nuovo nella classe: si scambiano confidenze, si cercano, giocano insieme. Non è isolato Roberto, anzi ha un carattere aperto ed è molto spontaneo. Ma ci sono momenti in cui il “buco nero” che è in lui esplode. Ed è terribile. Si scaglia con violenza contro chiunque osi contraddirlo. E non si riesce a fermarlo: ha la forza di un adulto e, in certe occasioni, due o anche tre adulti non ce la fanno a trattenerlo. Così un giorno manda all’ospedale la maestra: forse con una microfrattura a una caviglia bersagliata da una gragnuola di calci scagliati con furia. Tutto si svolge in classe, durante una normalissima – sino a quel momento – lezione. E negli occhi e nelle orecchie dei bambini quelle immagini troppo forti di violenza, urla, corse, bastonate resteranno per lungo tempo. E torneranno soprattutto di notte. La maestra il giorno dopo quell’incidente non sarà in classe. E neppure il giorno dopo ancora.

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