Deciso ma avvilito. Calogero Ferlisi non ne può più ed agisce d’istinto, come è sua natura. In un paio di minuti lascia palazzo Zanca e torna al comando al Palazzo Satellite. In pochi secondi butta giù una comunicazione carica di rammarico ma dalla quale non ha intenzione di recedere. Scrive ad Accorinti, al segretario generale Le Donne ed all’assessore al personale Mantineo. Si legge che “per motivi personali e per incompatibilità ambientale inerenti la politica gestionale del Corpo di polizia Municipale, che non trova punti di condivisione con l’Amministrazione Comunale , chiede di essere trasferito all’Avvocatura Comunale, per la quale- prosegue Ferlisi – dichiara di essere in possesso dei requisiti”. Alle 12,10 la comunicazione è già stata protocollata e consegnata a tutti e tre i destinatari. Ha fretta Ferlisi di liberarsi di questo peso. Quel macigno che gli è piovuto sulla spalle durante il vertice per la correzione all’ordinanza 488 cosidetta Anti-Tir. Al di là dei formalismi, al comandante non è andato giù che al tavolo – raccolta lui stesso pur senza voler rilasciare interviste ai nostri microfoni – possa essere stata svilita la filosofia originale dell’ordinanza.
Se a decidere quando l’attesa per l’imbarco a Tremestieri – racconta Ferlisi – è il capo scalo ed i vigili urbani che stanno lì 24 ore al giorno devono solo verificare, significa aver riscritto l’ordinanza in maniera completamente diversa. Quella discrezionalità era la nostra – sottolinea – così è come se si tornasse all’era dei pass che venivano consegnati dagli armatori”. Ferlisi a questo punto rincara la dose. “Non mi è stato dato modo a quel tavolo di poter dire di essere in disaccordo con questa variazione del documento. Mi sarei aspettato di essere difeso dagli appunti che mi sono piovuti addosso dagli armatori, dalla amministrazione per la quale lavoro. Invece nulla, anzi zittito”. E qui il passaggio più duro ed amaro. “Non credo che il sindaco sia scevro dall’influenza dei poteri forti”. Una frase che susciterà polemiche e la reazione di Accorinti che ha fatto della indipendenza di pensiero una vera e propria bandiera.