Il provvedimento di confisca è in pratica la radiografia economica di un impero stimato in 450 milioni di euro. Al centro il commerciante ittico diventato anche imprenditore edile Sarino Bonaffini, 56 anni, il fratello Angelo, poi alcuni soci storici, e uno stuolo di parenti e prestanome, tra cui l’imprenditore ittico Gaetano Chiofalo e il fratello Domenico, anche perché la nuova normativa dal 2008 consente di allargare il campo dei sequestri a fini di confisca anche nei confronti di indiziati non necessariamente appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, ma ritenuti socialmente pericolosi. Palazzine, appartamenti, ville, barche, motopescherecci, auto, furgoni, ristoranti, bed & breakfast, società, imprese, e anche centinaia di rapporti bancari in decine di istituti di credito. Un impero distribuito in un trentennio d’attività tra Messina, Spadafora, Giardini Naxos, San Pier Niceto, Nizza di Sicilia e persino a Castel Gandolfo, in provincia di Roma. Adesso tutto questo patrimonio, sottoposto a sequestro dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Squadra mobile nell’ottobre del 2011 dopo un’indagine molto lunga e complessa, esattamente due anni dopo ha subito la confisca di primo grado da parte della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, su un presupposto ben preciso sostenuto con forza dalla Procura e riconosciuto sussistente dai giudici: è un patrimonio “nato e cresciuto” riciclando il denaro sporco del clan mafioso di Mangialupi soprattutto in attività edilizie, il “mattone” con i “fondi” creati dal traffico di droga.
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