La Provincia di Messina rischia il dissesto. A confermarlo sono i numeri, gli atti e anche le parole del commissario Filippo Romano, che ha voluto fare chiarezza sui conti dell’ente spiegando da dove deriva l’emergenza finanziaria. Operazione verità, così l’ha definita il viceprefetto nominato dal governatore Rosario Crocetta. «I conti sono sostanzialmente in ordine – rivela –, ma a complicare tutto sono i tagli dei trasferimenti ». Un’autentica sforbiciata che ha messo in ginocchio le casse di Palazzo dei leoni. Un taglio del cento per cento, con lo stato che ha chiuso totalmente i rubinetti passando dall’erogazione di 12 milioni di euro del 2012 ai 708 mila euro di quest’anno. Con queste cifre, difficile sopravvivere. Dunque il dissesto finanziario è un’ipotesi da non scartare, a meno che le cose non cambino in pochi mesi. Ma dissesto non significa obbligatoriamente cattiva amministrazione. Facendo un parallelismo con il Comune di Messina, le differenze sono nette. A Palazzo Zanca la situazione d’emergenza è in termini strutturali, nel caso della Provincia è esclusivamente legata a fattori economico-finanziari. Pensare ad un piano di riequilibrio sarebbe sicuramente inefficace, perché il problema è che non vi è proprio la possibilità di chiudere il bilancio per il dislivello sussistente tra entrate e spese. Le prime quasi del tutto “autonomamente” prodotte da Palazzo dei leoni (Rca auto, imposta trascrizioni, addizionale Enel, altri tributi), le seconde ridotte al minimo, tanto da dovere tagliare anche su quei costi relativi a competenze che ad oggi spetterebbero ancora alla Provincia per legge. Con poco più di 89 milioni di euro di entrate, nelle quali vengono considerati 22 milioni di euro associati alla vendita presunta (utopistica) del patrimonio immobiliare, le cose da poter fare sono davvero pochissime.
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