Le votazioni per eleggere il nuovo rettore, che rimarrà in carica per sei anni, sono alle porte. Sono innumerevoli gli incontri che i candidati a tale ufficio hanno con le varie componenti del mondo universitario. Mercoledì scorso, ad esempio, Pietro Navarra ha incontrato i rappresentanti degli studenti per ascoltare le loro proposte e opinioni sui problemi dell'ateneo.
I temi del botta e risposta dal torno informale sono stati molteplici, a partire dalla disattenzione che l’Università, sino ad ora, ha dimostrato nei confronti dei ragazzi disabili, fino ai danni d’immagine causati dai numerosi e recenti fatti di cronaca e alle difficoltà cui lo studentato va incontro nell’usufruire delle infrastrutture dei singoli dipartimenti. Numerose sono state, da questo punto di vista, le realtà portate a galla dai rappresentanti, tra cui il difficile accesso alle biblioteche, causato da una scorretta gestione del personale, la mancanza di aule e mobilia idonei allo svolgimento dell’attività didattica, laboratori e strumentazioni connesse fatiscenti e ormai obsolete, una burocrazia lenta, pesante ed inefficiente che si pone come ostacolo alla naturale formazione e crescita dello studente universitario messinese.
L’ultimo punto, ma non certo per importanza, evidenziato dai giovani è l’ampio “gap” che separa come un oceano l’attività pratica di laboratorio, scientifico e non, ad oggi svilita, dalla realtà lavorativa, creando così giovani laureati ferrati dal punto di vista teorico, ma poco competenti ed efficienti sul campo.
Navarra ha avuto modo di esporre le sue idee rispondendo ai presenti, circa una settantina di ragazzi interessati al futuro dell’università e, di conseguenza, al proprio. Ha proposto un rimodellamento dell’intera segreteria e dei vari uffici burocratici, migliorando, anche con l’ausilio della rete telematica, il lavoro di back-office, in modo da snellire i tempi e agevolare, in questo modo, gli studenti. In merito all’Azienda Ospedaliera Universitaria del Policlinico, anch’essa oggetto di domande e denunce, ha precisato che essere un’azienda ospedaliera universitaria prevede il mantenimento di un certo e auspicabile equilibrio tra la realtà dell'assistenza e quella dell’attività didattica e di ricerca: su quest’ultima l’ente regionale non ha investito tempo e risorse necessarie, o almeno non quanto ci si aspetta da un Policlinico universitario. «Tutto ciò si traduce in una scarsa “premialità”, che non fa guadagnare risorse all’ateneo, non permette ai numerosi ricercatori di fare ricerca, pubblicare lavori in merito e portare avanti la loro carriera, senza contare il fatto che influisce negativamente sulla preparazione degli studenti», ha scritto Laura Idotta.