Due sono stati i cardini del confronto che ancora una volta viene definito costruttivo ma appare interlocutorio. Il primo interessante spunto è stato fornito da un documento della Soprintendenza, redatto dopo una ricognizione generale nelle aree fieristiche con attenzione alla rilevanza e allo stato di conservazione di ogni singolo edificio. L’ente regionale di viale Boccetta ha sottolineato anzitutto la necessità che tre strutture, confliggenti con la qualità storico- architettonica dei padiglioni vincolati, vadano demolite e ricostruite con la stessa volumetria: si tratta dei padiglioni 18 e 20, l’uno vuoto l’altro invece ospitante le belle carrozze della Collezione Molonia, e di quei piccoli e brutti edifici noti come “parco gastronomico”. Quanto invece ad altri due padiglioni ben più grandi e certo meno brutti, ma non armonici con i valori dei padiglioni di Pantano o Rovigo, quali il 7A e il 7B la stessa Soprintendenza ha prescritto come necessario, alla luce delle loro condizioni, un adeguato risanamento conservativo e manutentivo. Anche in questo caso non si può che convenire tanto più che, com’è noto, l’Authority è solita concedere questi padiglioni per un uso piuttosto ampio: dai raduni religiosi alle convention politiche. Il richiamo alla necessità di dare decoro alla cittadella nel suo complesso si sposa pienamente, del resto, con il percorso di valorizzazione delle quattro realtà architettoniche più importanti per cui l’attuale gestione dell’Authority ha riannodato fin troppi fili smarriti. Prima dell’estate sarà bandito l’appalto da 4 milioni per il restauro dei padiglioni a nave, delle Arti e del portale secondo il progetto Purini-Thermes-Lo Curzio; poi, come tutti sanno, appena ci sarà il responso dei carotaggi, si definirà la demolizione-ricostruzione del Teatro in Fiera già finanziata con 3,5 milioni.
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