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Messina saluta
Massimo Mollica

Stavolta è per davvero. Non è per finta, come era accaduto varie volte sulla scena, come per esempio in Classe di ferro, la piéce di Aldo Nicolaj a cui si riferiscono le immagini.

Massimo Mòllica se ne è andato per sempre, dopo una terribile malattia che, rivelatasi all’improvviso un paio di mesi fa, non gli ha dato scampo.

Ha raggiunto Adolfo Celi, l’altro grande attore messinese con cui ha condiviso il successo del Petrosino televisivo dei primi anni Settanta, diretto da Daniele D’Anza (in cui interpretava Don Vito Cascio Ferro);  Tiziana Ricci, a lungo primadonna della sua Compagnia Stabile di Prosa, scomparsa prematuramente qualche anno fa; ed Erio Marchese, che gli fu a fianco una vita, andatosene recentemente.

Il Teatro era la sua vita. Giovanni Cutrufelli e Renato Pinciroli sono stati i suoi maestri. E per il teatro sacrificò l’impiego in banca a cui pure teneva.

Appassionatamente testardo, Mollica ha legato il suo nome a numerosi personaggi e ai vari teatri che ha fondato a Messina, la sua città (era nato a Pace del Mela), che amava con tutto se stesso.

Il ridottissimo del Savoja, prima, poi il San Carlino, quindi il Teatro Pirandello nella Città del Ragazzo e infine il suggestivo Teatro di Campagna creato sulle colline di Contrada Landro, a Gioiosa Marea: Massimo, che pure girava i maggiori Teatri italiani, teneva moltissimo al rapporto con la propria terra e con il proprio pubblico.

Ma ha aperto al teatro anche spazi - come la Sala Laudamo e il Salone della Borsa della Camera di Commercio – prima inaccessibili; e a lui si deve l’inaugurazione del Teatro in Fiera nel ’77 con i Merli e Malvezzi di Biagio Belfiore.

Non ha trovato, questo bisogna dirlo, l’appoggio delle istituzioni, che pure avrebbero potuto salvare senza troppo sforzo il San Carlino, per esempio; ma non se ne faceva una malattia e anzi era sempre pronto a ricominciare.

Voleva essere libero di decidere e di programmare secondo le proprie convinzioni, senza condizionamenti di sorta: per questo, nonostante - negli anni Novanta - la candidatura a sindaco e la breve parentesi all’Ente Teatro, da vicepresidente (da cui dimise polemicamente), ci piace ricordare il suo spirito indipendente, da imprenditore di se stesso e del suo lavoro.

Di lui non possiamo non ricordare le magnifiche interpretazioni di Pirandello, Ionesco (memorabile il suo Re muore), De Benedetti, Roussin, Lanza e tanti altri autori; e la collaborazione con altri grandi attori e registi, come Andrea Camilleri, con cui lavorò per vent’anni circa.

Negli ultimi anni, questo va detto, Messina - in primis, l’ambiente teatrale - si è dimenticata di Massimo Mollica: speriamo che almeno adesso ritorni la memoria a tanti che ebbero con lui la possibilità di crescere.

Da parte nostra, siamo sicuri che anche lassù, nel girone dei teatranti, stia già allestendo un nuovo e più luminoso teatro, per recitare, con la schiera dei più grandi attori italiani a cui appartiene di diritto.

Ciao, Massimo. Non ti dimenticheremo. 

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