Messina continua a tirare fuori e sventolare una vergognosa bandiera bianca. Non c’è tempo per prendere atto con un po’ di speranza di un faticoso progresso, di un ritorno alla normalità come quello della permanente apertura della Fiera, che subito ci si ritrova a dover alzare la voce, tra indignazione e sconcerto, per le solite enormi difficoltà, quasi l’impossibilità, di essere normali quasi nello stesso luogo. Ecco, nella prima domenica dopo la tribolata riapertura dell’ingresso della passeggiata fieristica, offrirsi ai messinesi l’altra metà della passeggiata, quella tradizionale che s’affaccia sul porticciolo e guarda alla Madonnina, in condizioni più che squallide. Disgustose, anzitutto per l’evidente abbandono da parte del Comune, e delle sue società partecipate, del verde pubblico, poi per tutte le conseguenze che l’incuria favorisce e moltiplica. Entrambe le metà di quest’unica realtà, finalmente ricomposta almeno sotto il profilo del libero transito, si misurano adesso con lo stesso problema: la gestione quotidiana, né più né meno come villa Dante o villa Mazzini. L’unica differenza è data dal fatto che a curare le manutenzioni e la vigilanza nella passeggiata fieristica è l’Autorità portuale, ente statale che ha tutto l’interesse a valorizzare un patrimonio immobiliare articolato e potenzialmente straordinario, collegato peraltro al crocierismo. Laddove, invece, a garantire manutenzioni e decoro sulla passeggiata tradizionale, è purtroppo il Comune di Messina. Un Palazzo Zanca che costantemente si dimostra qui cieco e sordo, incapace di pretendere dall’Ato o da MessinAmbiente che per 365 giorni all’anno, e non quando le erbacce arrivano a due metri, il lungomare alberato del centro sia pulito e presentabile. Nell’attesa che si faccia una cosa molto semplice, ovvero che il Comune esattamente come l’Autorità portuale, adibisca una squadra o una ditta a quello che diverrà sempre più il luogo simbolo di Messina, evidenziamo appena (bastano le foto) le aberrazioni cui si è giunti. La vegetazione delle aiuole è talmente incolta e selvaggia che proprio vicino al cancello aperto della Fiera un barbone ha semi- mimetizzato al suo interno un disperato giaciglio di cartoni. La pulizia è talmente un miraggio che le bottiglie piene a metà, anche a cassette intere, campeggiano dappertutto, a terra come attorno alla fontana Bios, liberamente imbrattata senza alcuna ombra di sorveglianza. E che dire di quella botola arrugginita e spalancata al centro di un’aiuola, appena segnalata da un ramo disposto obbliquamente, dei portarifiuti circolari da cui il pattume fuoriesce, del lerciume verde a due metri d’altezza, neanche il caso di chiamarlo verde incolto, lungo le pensiline ed il binario del Tram in corrispondenza dell’ex Convitto Dante Dante penosamente chiuso? I messinesi ormai sanno bene che la loro città è questa quasi inguaribilmente, da decenni, che ci sia il sindaco di turno o il commissario straordinario. Forse non tutti sanno che un tempo, quando gli Ambiti territoriali ottimali non c’ erano, e si viveva meglio, esistevano anche dei pubblici dipendenti chiamati “giardinieri comunali”. Avevano una funzione e una distribuzione razionale in città, non solo nelle villette, insomma un senso compiuto: coi pensionamenti sono progressivamente spariti, è arrivata la politica dei supercarrozzoni, i bilanci che si duplicano e si svuotano, i Cda che costano un’ira di Dio, i commissari e i liquidatori che subentrano, con mille debitori da soddisfare, e nessun potere, nessuna possibilità di dare una svolta alle cose. Viene da pensare che MessinAmbiente spa ha 500 dipendenti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, che sicuramente sono in grandissima parte vincolati a questo primario servizio. Ci si chiede se un piccolo nucleo di “scerbatori” non possa essere formato, se qualunque via non vada esperita, anche all’interno dell’Ato, per garantire, davvero, la cura del verde alla città delle erbacce...