Messina

Martedì 30 Aprile 2024

Nuovo sequestro di
beni a Sandro Pesce

C’era dell’altro, legato soprattutto all’evasione fiscale, oltre tre milioni di euro, per l’attività economica passata del commerciante d’abbigliamento Sandro Pesce. E dall’inchiesta principale del 2010, dopo un supplemento di accertamenti contabili della Guardia di finanza, nel marzo del 2012 s’è originato un secondo fascicolo che in questi giorni ha avuto uno sbocco con il sequestro preventivo di due grandi immobili, disposto dal gip Maria Teresa Arena su richiesta dei sostituti procuratori Maria Pellegrino e Fabrizio Monaco. Ad eseguire il provvedimento, a carico di Pesce e della 52enne Gaetana Inferrera, sono stati in questi giorni i militari della Compagnia della Guardia di finanza, coordinati dal capitano Michele Milazzo, per un valore stimato di 1,2 milioni di euro. L’inchiesta principale dell’attività imprenditoriale di Pesce vede già coinvolte sette persone per bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed impiego di denaro o beni di provenienza illecita. Lo stesso Pesce era stato arrestato nel luglio 2011 per bancarotta fraudolenta per la distrazione di beni della “Margan Srl”, dichiarata fallita nel 2008. Proprio in questi giorni l’inchiesta ha registrato l’atto di chiusura delle indagini preliminari. L’ultimo sequestro della Finanza ha interessato due magazzini commerciali, uno in via Garibaldi di 54 mq. e l’altro in via Corbino Orso di 1200 mq., intestati alla Idra Srl, una società riconducibile a Pesce. Nel corso delle indagini è emersa infatti una «sistematica evasione» delle società riconducibili a Pesce, dal 2008 al 2011, attuata attraverso la fittizia sopravvalutazione delle rimanenze di fine anno, per consentire l’occulta - mento delle vendite effettuate. Così il commerciante sarebbe riuscito a occultare ricavi per oltre 13 milioni di euro ed evitato di versare l’Iva per oltre 3 milioni e mezzo di euro. In sostanza era stato organizzato il “graduale svuotamento” dell’attivo della Margan Srl spinta verso il fallimento, grazie anche alla nomina come liquidatore del classico prestanome, una “testa di legno”, su cui far ricadere le responsabilità penali e amministrative. Le somme occultate sono state poi “investite” da Pesce nei due magazzini sequestrati. Scrive infatti il gip Arena nel provvedimento di sequestro che «... nel corso delle indagini svolte dalla Guardia di finanza è emerso che le società riconducibili al Pesce hanno evaso in maniera sistematica il fisco... quando alla Idra è stata omessa la fatturazione e contabilizzazione della vendita di merci per l’importo di 7.545.003 euro... analoghe considerazioni valgono per ciò che attiene le società Marlene e Liz in quanto con il medesimo meccanismo sono stati attribuiti, alle merci invendute, valori enormemente superiori a quelli effettivi, contabilizzando tra le rimanenze di esercizio, merci che erano state già vendute con ciò evadendo le imposte sui redditi e sul valore aggiunto». E in relazione all’ultimo sequestro l’avvocato Bonni Candido in una nota scrive che «il provvedimento di sequestro origina da una contestazione della Guardia di finanza non nota al mio assistito, effettuata nei confronti di società poste da tempo sotto sequestro e, quindi, non nella disponibilità dei suoi amministratori e proprietari. Per questi motivi faremo istanza ai custodi giudiziari perché impugnino i detti verbali e da ciò non potrà non derivare la revoca degli odierni sequestri». Nell’ambito del troncone principale dell’inchiesta proprio in queste settimane sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari oltre che a Pesce anche ad altre sette persone: il notaio e cognato Vittorio Quagliata, e poi Gaetana Inferrera, Maria Ferrara, Rosa Maria Zocca, Giuseppe Leone, Margherita Bagnoli e il filippino David Remedios (quest’ultimo si sarebbe tra l’altro prestato ad aprire un conto bancario come prestanome). Si tratta secondo la Procura di persone che il commerciante avrebbe adoperato nel tempo come “teste di legno”, per un verso per distrarre beni dalla cassaforte economica di famiglia, la “Margan srl” e per altro verso per intestare fittiziamente beni che in realtà era sempre lui a controllare e gestire. Le ipotesi di reato sono varie e contestate a vario titolo: la bancarotta per distrazione il 16 gennaio del 2008, data del fallimento della Margan srl; l’impiego di beni di provenienza illecita come soci delle varie imprese, che sarebbe avvenuto tra il 2000 e il luglio del 2011; il riciclaggio per la sostituzione di somme distratte da Pesce per acquistare l’imbarcazione “Lara”. Il nucleo centrale dell’indagine principale su cui hanno lavorato gli investigatori della Finanza è stato sempre la cosiddetta cassaforte di famiglia, vale a dire la Margan srl, attraverso cui venivano gestiti all’inizio da Pesce i vari negozi d’abbigliamento sparsi per la città e molto conosciuti, basta fare i nomi di “Acquarius” e “Semplice”. Una società che – scrisse il gip Arena nel primo provvedimento di sequestro –, sino all’anno 2000 riuscì ad avere un fatturato pari a quasi 9 miliardi di lire e un utile di esercizio di 306 milioni di lire, per poi arrivare progressivamente a diventare una “scatola vuota” con perdite per miliardi di lire e il licenziamento di quasi tutti i dipendenti, circa ottanta.

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