Le accuse hanno retto quasi integralmente davanti al gup Marino, che nel tardo pomeriggio di ieri ha deciso sei rinvii a giudizio e due proscioglimenti. L’inchiesta è quella clamorosa sull’attività pubblica e privata dell’ex commissario della polizia municipale Aldo Bruzzano, oggi in pensione, che fu mandato agli arresti domiciliari alcuni mesi addietro con una sere di accuse specifiche, tra cui l’uso parecchio disinvolto dell’auto di servizio. Un’inchiesta gestita all’epoca dai sostituti procuratori Adriana Sciglio e Diego Capece Minutolo, che ha toccato un personaggio molto noto in città come Bruzzano, che adesso è tornato in libertà per la revoca dei domiciliari. Gli imputati ieri erano complessivamente otto, sette persone fisiche e una persona giuridica, ovvero la società “Carpe Diem s.r.l.”, la rete di compro-oro di cui era ritenuto “dominus” proprio l’ex commissario dei vigili urbani («socio occulto»), per anni dirigente della sezione Tutela del territorio della polizia municipale. Oltre all’ex commissario capo erano coinvolti anche il figlio Giuseppe e poi Rosa Forte, come amministratori e rappresentanti della “Carpe Diem srl”; Daniela Irrera, dipendente del negozio “Carpe Diem srl” di via Centonze; i vigili urbani Sebastiana Reina e Rosalba Ragazzi, agenti in servizio alla sezione Tutela del territorio; il proprietario di un immobile, Vito Cavallo, come privato determinatore; e infine la società “Carpe Diem srl”. I reati contestati a vario titolo dalla Procura erano ricettazione, peculato, falso, omessa denuncia del pubblico ufficiale, abuso d’ufficio, soppressione o occultamento di atti, rifiuto di atti d’ufficio. L’udienza preliminare è andata avanti per tutta la mattinata e per una buona parte del pomeriggio. Dopo la reiterazione della richiesta di rinvio a giudizio in aula da parte del pm Capece Minutolo si sono registrati gli interventi dell’avvocato Bonni Candido, che rappresentava il Comune come parte civile, e dei difensori Salvatore Silvestro, Nunzio Rosso, Antonello Scordo, Daniela Bagnato e Nino Favazzo. Poi s’è avuta la “sentenza” del gup Marino, che ha prosciolto da tutte le accuse Rosa Forte («per non aver commesso il fatto»), e anche il vigile urbano Rosalba Ragazzi (la formula adottata è «perché il fatto non sussiste», per questo capo d’imputazione, ovvero un caso di peculato per l’ uso dell’auto di servizio, ha registrato il proscioglimento anche Aldo Bruzzano). Sono stati invece rinviati a giudizio Aldo Bruzzano, Giuseppe Bruzzano, Daniela Irrera, Sebastiana Reina, Vito Cavallo e la società “Carpe Diem s.r.l.”. Il processo inizierà il prossimo 3 luglio davanti ai giudici della seconda sezione penale del tribunale. Il quadro delle accuse contestate in questa clamorosa vicenda è sempre rimasto sostanzialmente ancorato alle ipotesi iniziali, di recente era intervenuta una decisione della sesta sezione penale della Cassazione che aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare che aveva disposto i domiciliari nei confronti dell’ex comandante della Tutela del territorio. Ecco i capi d’imputazione. La prima contestazione della Procura riguardava i due Bruzzano, Irrera e Forte, in pratica due casi di ricettazione, secondo cui tra il marzo e l’agosto del 2011 nel negozio compro-oro di via Centonze sarebbero stati incamerati in due distinte occasioni oggetti preziosi per il controvalore rispettivamente di 1.831 e 3.110 euro, oggetti che poi s’è accertato essere la refurtiva di due “colpi” in appartamento. L’ex commissario Bruzzano e i due vigili urbani Reina e Ragazzi, dovevano poi rispondere di peculato in concorso perché in tre occasioni specifiche tra il novembre e il dicembre del 2011, erano alla guida della vettura di servizio della polizia municipale con cui Bruzzano, anche in periodo di ferie, si recò nei vari punti vendita della “Carpe Diem srl” per alcune commissioni, e poi si allontanò, e anche da un commercialista; in questo contesto poi il solo Bruzzano rispondeva di un altro caso di peculato sempre per lo stesso motivo, l’uso dell’auto di servizio, perché non è stata identificata la donna che era alla guida. Altri quattro capi d’imputazio - ne erano invece contestati a Bruzzano e al proprietario di un immobile di via Consolare Valeria, Vito Cavallo, che dovevano rispondere in concorso di falso, omessa denuncia del pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e soppressione, distruzione o occultamento di atti. La storia è in pratica quella di una serie di lavori abusivi che si stavano eseguendo in casa del Cavallo e delle “coperture”che Bruzzano avrebbe garantito al proprietario dell’immobile dopo aver effettuato il sopralluogo di servizio sia con la sua relazione, che riferiva invece di una “sanatoria”, sia con i ritardi nelle varie comunicazioni da inviare alla magistratura. Infine il solo Bruzzano rispondeva di un’ipotesi di omessa denuncia e due ipotesi di rifiuto di atti d’ufficio, per non aver effettuato i necessari controlli in alcuni casi di abusivismo edilizio
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